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Cosa rara, Una
ossia Bellezza ed onestà Dramma giocoso in due atti di Lorenzo Da Ponte, dalla commedia La luna de Sierra di Luis Vélez de Guevara
Musica di Vicente Martín y Soler 1754-1806
Prima rappresentazione: Vienna, Burgtheater, 17 novembre 1786

Personaggi
Vocalità
Ghitta
Soprano
il gran scudiero Corrado
Tenore
la regina Isabella
Soprano
Lilla
Soprano
Lisargo
Basso
Lubino
Basso
l’infante Don Giovanni
Tenore
Titta
Basso
Note
Il raffinato testo di Lorenzo Da Ponte, andato in scena nello stesso anno delleNozze di Figarodi Mozart, ha per tema l’arcadica quiete agreste: quella vita in armonia con la Natura che riesce a destare l’ammirazione profonda della stessa regina di Spagna. Questo dramma giocoso si impose immediatamente come il successo operistico più eclatante dell’epoca: ben oltre quelli ottenuti dai titoli coevi di Mozart e Salieri.

In un piccolo villaggio, Lilla e Lubino vivono una contrastata storia d’amore. Infatti il fratello della ragazza ha promesso quest’ultima in sposa al locale podestà. Incontrata la regina di Spagna in una battuta di caccia, Lilla si appella al giudizio della sovrana per dirimere la disputa. Il caso viene affidato all’infante Don Giovanni che, fedele al suo nome, si innamora immediatamente di Lilla e cerca quindi di ostacolarne l’unione con Lubino. Nella vicenda si intromette anche il gran scudiero Corrado, anch’egli invaghito della ragazza. I due spasimanti tentano dunque di convincere Lilla alternando regali, travestimenti, promesse, minacce e serenate. Anche un’altra donna del villaggio, Ghitta, innamorata di Titta, riceve la propria dose di corteggiamento. Tutto ciò ingelosisce non poco i locali fidanzati, che tuttavia riescono a incontrare nuovamente la regina e a raccontarle l’accaduto. Graziosamente la sovrana ristabilirà la pace, punendo per l’accaduto Corrado, che si addossa la colpa per tanto turbamento della tranquillità campestre, concludendo l’opera in generale letizia.

Un osservatore ebbe a notare come la presentazione dell’opera «condusse la città [Vienna] ai limiti del parossismo. La sera della ‘prima’, tre o quattrocento persone dovettero tornarsene a casa per mancanza di posti, e da allora non si poté entrare in una casa o in una riunione elegante senza sentir suonare o cantare un duetto, un terzetto, un finale da quest’opera». Uno di questi temi (“O quanto in sì bel giubiloâ€, la gioiosa acclamazione del finale primo) ritorna infatti anche nelDon Giovannimozartiano, nel banchetto estremo del libertino. In particolare, fu il ‘voluttuoso’ duetto tra Lubino e Lilla, “Pace, mio caro sposoâ€, a venir considerato come uno dei numeri più efficaci della partitura.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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