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Arme Heinrich, Der
Dramma musicale in tre atti di James Grun, dal poema omonimo di Hartmann von Aue
Musica di Hans Pfitzner 1869-1939
Prima rappresentazione: Magonza, Stadttheater, 2 aprile 1895

Personaggi
Vocalità
Agnese, quattordicenne
Soprano
Dietrich
Baritono
Heinrich
Tenore
Hilde
Soprano
il medico
Basso
Note
Conquistato dalla bellezza dell’epos del poema di Hartmann von Aue (scritto intorno al 1195), Pfitzner compose di getto testo e musica del monologo iniziale di Heinrich (“Duft! Duft! Herrlicher Duft!â€): da qui l’amico James Grun trasse spunto per impostare l’intero libretto.

Atto primo. In Svevia e a Salerno, nel XII secolo. In una stanza nella torre del castello di Heinrich, in Svevia, Hilde cerca di rincuorare Agnese, inconsolabile per il grave stato di malattia in cui versa il loro signore. Dietrich ritorna da un viaggio compiuto fino al monastero di Salerno, dove ha interpellato un monaco esperto nell’arte medica; questi ha scorto nelle condizioni di Heinrich un castigo divino e si è dichiarato impotente a salvarlo: solo il sacrificio spontaneo di una vergine potrà giovargli.

Atto secondo. Nel castello, nella stanza di Dietrich e di Hilde. Agnese persuade i genitori a consentirle di offrirsi per la salvezza del cavaliere malato.

Atto terzo. A Salerno, nel cortile del monastero. Heinrich supplica Agnese di scioglierlo dal consenso dato al sacrificio di lei; ma niente può smuovere la serena fermezza della fanciulla; anche il monaco-medico riconosce la piena spontaneità del suo gesto. Quando Agnese è già stata condotta verso il luogo del sacrificio, Heinrich prorompe in un grido: “Nicht mehr will ich gerettet sein!†(‘Non voglio più essere salvato!’); in quello stesso istante gli viene accordata la guarigione e nello slancio delle forze riconquistate riesce ancora,in extremis, a sottrarre Agnese al pugnale del monaco.

Il tema del sacrificio e della redenzione, che pure implica una forte affinità con il teatro wagneriano, è trattato con toni molto personali: in questo caso l’attenzione psicologica della vicenda non converge sull’angelo salvatore, ma sull’intimo dramma del cavaliere caduto. Pfitzner parlava di dissidio fra la «nostalgia di luce e di vita», che nel primo atto domina interamente Heinrich, e l’emergere di una pena sempre più acuta per il dolore di un’altra persona. Così il motivo d’apertura dell’opera, enunciato da quattro viole con sordina, si trasforma gradatamente da espressione di sofferenza fisica individuale a lacerazione psicologica che ha vinto ormai i confini dell’egoismo; e il miracolo diventa simbolo dell’avvenuta metamorfosi spirituale.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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