Terza delle
semi-operascomposte per la United Company del Theatre Royal, condannata da alcuni critici come dissacrazione del
Sogno di una notte di mezza estateshakespeariano,
The Fairy Queenè forse il lavoro teatrale più raffinato e accurato di Purcell, che revisionò la partitura nel 1693, ampliandola. Non sono musicati i versi di Shakespeare: gli inserti musicali consistono in
masquesaggiunti al dramma. L’autore dei nuovi versi e delle modifiche recate a quelli originali non è noto. Il candidato più probabile, ammesso che la stessa persona abbia curato le due operazioni, è Thomas Betterton, capocomico della United Company, che revisionò
Dioclesianper Purcell nel 1690 e curò le produzioni di
semi-operasfino al ’94. Per inserire i
masquesnegli atti dal secondo al quinto (nel primo ne fu aggiunto uno nella versione del ’93), furono tagliati molti versi originali, fra i quali tutti gli interventi di Hippolyte e Philostrate. Altri versi furono resi più comprensibili e modernizzati linguisticamente. I
masquesinseriti non hanno diretta relazione con la trama ma sono legati a essa per analogia: il
masquedel Sonno nel secondo atto prepara il sogno di Titania, nel terzo a Bottom (trasformato) è offerto un intermezzo rustico, mentre il
masquedelle stagioni nel quarto simbolizza la riconciliazione di Oberon e Titania e quello di Imene nel quinto è in relazione alle nozze generali previste dal lieto fine. Al posto della prima scena del dramma, nella versione del 1693 fu inserita una scena comica: il poeta ubriaco (
drunken poet) aggirandosi per il bosco si imbatte nelle fate, che lo bendano e lo pizzicano fino a fargli confessare di essere «a scu- scu- scu- scu- scurvy, scurvy poet», un pessimo poeta: non sappiamo contro chi sia diretta la satira. L’effetto di balbuzie, voluto dal compositore e non previsto nel libretto, non fornisce un indizio sicuro: potrebbe trattarsi di un riferimento al poeta e drammaturgo Thomas D’Urfey, a Elkanah Settle, o al poeta che adattò la versione del 1692. L’episodio prevede una serie di assoli alternati, ognuno dei quali è seguito da un coro sulla stessa melodia, ma dall’armonia più ricca (la forma ‘aria-coro’ è predominante in
The Fairy Queen). Nel
masquedel secondo atto alla musica allegra delle fate, che comprende il coro con doppia eco “May the god of wit inspire†e l’aria e coro “Sing while we trip it upon the greenâ€, seguono le invocazioni al Sonno da parte della Notte, del Mistero e del Segreto. Il sonno di Titania è dipinto dalle lunghe pause dell’aria e coro “Hush, no more, be silentâ€. Nel
masqueofferto a Bottom nell’atto successivo ricordiamo il dialogo fra Coridon e Mopsa, “Now the maids and the men are making of hayâ€, scritto per soprano e basso nella prima versione, trascritto un tono sopra nella versione del 1693, in cui un controtenore
en travestisostituisce il soprano nella parte femminile. Nel quarto, un’aria per soprano, “Now the nigth is chas’d away†(sempre con commento del coro) festeggia il compleanno di Oberon, prima che appaia Febo a dare inizio al
masquedelle quattro stagioni, ognuna delle quali è rappresentata da un cantante. Nel
masquedel quinto atto, che come in tutti quelli finali delle
semi-operasè costituito da una serie di brani diversi posti in sequenza, Giunone canta l’aria in due parti “Thrice happy Loversâ€, in cui la prima sezione è interrotta continuamente dal liberarsi della voce nella declamazione ritmicamente sciolta, apparente riflesso della parola «free». Il cinese canta l’aria “Thus the gloomy worldâ€, una delle poche arie col
da caposcritte da Purcell: le sue parti estreme sono una gara di bravura fra la voce e la tromba solista. Altri momenti musicali notevoli sono il lungo lamento “O let me weepâ€, non previsto nella prima versione del dramma e costruito su un basso ostinato discendente e cromatico (quasi come il lamento finale in
Dido and Aeneas), in una forma col
da caposeguito da un’ampia coda; il duetto per soprani “Turn then thy eyesâ€, dopo l’entrata di Imene, in cui il canto ornamentale allude alla parola «turn» (‘gira’); il terzetto di Imene e delle due donne, “They shall be as happyâ€, ultimo numero vocale della partitura.
The Fairy Queensi chiude con varie danze, fra le quali la ciaccona per l’uomo e la donna cinesi.
La scelta di dividere i cantanti dagli attori, a differenza di quanto accade inKing Arthur, in cui alcuni attori sono chiamati a cantare, sembra intenzionale da parte del compositore e non dovuta a motivi d’ordine pratico. Alcuni interpreti dei personaggi del dramma erano buoni cantanti, ma la scelta di chiamare i professionisti ha permesso a Purcell di scrivere parti vocali molto più impegnative rispetto alle altre suesemi-operas. La partitura autografa dellasemi-opera, un tempo perduta, è stata riscoperta all’inizio del 1900 nella biblioteca della Royal academy of music di Londra. È la più completa partitura teatrale di Purcell in nostro possesso, ed è anche l’unico autografo di unasemi-operadel compositore; contiene brani che risalgono sia alla prima versione sia a quella del 1693.
A partire dalla registrazione diretta da Anthony Lewis nel 1957, si contano numerose incisioni discografiche, fra le quali ricordiamo quelle dirette da Alfred Deller (1972), da Benjamin Britten e a cura di Peter Pears (in una versione ampiamente rimaneggiata, 1973), da John Eliot Gardiner, nell’ambito dell’‘integrale’ dellesemi-operasdi Purcell (1982), e da William Christie (a guida dell’ensembleLes Arts Florissants, 1989), eco delle rappresentazioni del Festival di Aix-en-Provence. Ricordiamo anche l’allestimento scenico nei giardini di Boboli per il Maggio musicale fiorentino (1987), con la regia di Luca Ronconi e Roger Norrington sul podio.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi