Siamo
solonel 1958 quando Henze, con coraggio esemplare, anticipa gesti di libertà espressiva e ideologica che daranno i loro frutti storici e musicali, come patrimonio collettivo, circa trent’anni dopo. Con grande spregiudicatezza, infatti, sceglie un testo di Kleist,
Der Prinz von Homburg, che lo stesso Brecht aveva giudicato duramente a causa dell’ambientazione che poteva sembrare sospetta di prussianesimo. E Henze, con il contributo dell’amica scrittrice e poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, piega questo testo, già passibile di superficiali resistenze ideologiche, trasformandolo in uno spregiudicato recupero del melodramma italiano ottocentesco. Ne deriva un lavoro di grande efficacia teatrale, dove il più ampio spettro di possibilità e mezzi espressivi (da forme operistiche che si rifanno agli esempi di Bellini, Rossini, Donizetti e Verdi a tecniche atonali e seriali) è indirizzato all’estrema compattezza di un affresco impegnato e audace.
Teso verso la realizzazione di sé e dei propri ideali e sostenuto dall’idea di conquistare la promessa sposa, la principessa Natalie, figlia dell’elettore di Brandeburgo, il principe Friedrich von Homburg attacca i nemici e li sconfigge, senza averne ricevuto l’autorizzazione ufficiale. Per questo, nonostante la vittoria, Friedrich viene condannato a morte. Natalie intercede per lui, tanto che l’elettore di Brandeburgo acconsente ad assolverlo, ma solo a una condizione: lo stesso Friedrich deve riconoscere la grazia come un atto di giustizia dovuto, e non come un gesto di debolezza affettiva. Se Friedrich si dimostrerà convinto della sua innocenza, sarà libero. Friedrich, però, nonostante l’amore per Natalie, non può giustificare, in linea di principio, la propria insubordinazione e accetta quindi con eroismo la condanna a morte. L’elettore comprende la sua grandezza d’animo e la conquistata coscienza, da parte di Friedrich, del rapporto tra necessità e libertà nelle questioni di stato e annulla perciò la sentenza benedicendo il matrimonio tra i due giovani.
Grazie anche alla musicalità dei versi originali e della trascrizione librettistica della Bachmann, (di cui aveva utilizzato, l’anno prima, le poesie inNachtstücke und Arienper soprano e orchestra), Henze affronta il tema scottante del rapporto tra soggetto e stato, là dove solo attraverso l’iniziazione alla libertà individuale si può giungere alla coscienza e autonomia delle istituzioni. Quindi il fondamento etico di qualsiasi principio costituente dello stato tocca nel profondo una complessa rete di rapporti esistenziali, morali, psicologici e ideologici. Anzi, l’umanità in tutte le sue più vulnerabili ma anche costruttive caratteristiche, viene scandagliata musicalmente per poter giungere a una presa di coscienza effettiva, non solo apparente o astratta. Questo è il senso estremamentemodernodelle combinazioni melodiche, armoniche, contrappuntistiche, ritmiche e timbriche presenti nella partitura diDer Prinz von Homburg. Ogni parametro è legato agli altri in funzione ‘significante’, poiché si potrebbe affermare che in Henze ogni cifra musicale vuole essere anche cifra umana. Nella complessa raffinatezza del tessuto orchestrale e vocale – che concede ampio spazio ‘narrativo’ al divenire melodico vero e proprio, ma ne sostiene le interne sfaccettature attraverso il rigoroso controllo di tutte le connessioni armoniche e contrappuntistiche – la direzionalità teatrale della sua scrittura acquista un’ampia pluralità di intenzioni.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi