Commissionato dalla radio di Stoccarda,
Der Revisorconobbe un’ottima accoglienza e circolò rapidamente nei principali teatri tedeschi; in Italia si ricorda l’allestimento prodotto con sollecitudine, nello stesso 1957, alla Biennale di Venezia. La vicenda di Gogol’ viene ridotta, com’è naturale, alle dimensioni più modeste di un libretto, ma i tagli operati non modificano lo spirito dell’originale.
Una cittadina della provincia russa viene messa in subbuglio dalla notizia dell’arrivo imminente di un ispettore generale, mandato a controllare l’onestà dell’amministrazione locale. Mentre si elaborano le strategie per neutralizzare il malaugurato visitatore, occultando alla sua indagine gli innumerevoli abusi d’ufficio perpetrati, sopraggiunge uno sconosciuto che, nella confusione, viene scambiato per l’ispettore. Si tratta in realtà di un avventuriero squattrinato, certo Chlestakow, che approfitta dell’equivoco per farsi servire e riverire, accettando con generosa condiscendenza tutte le prebende con cui si tenta di corromperlo. Quando poi si rende conto di non poter più proseguire il gioco senza rischi (essendosi addirittura impegnato a sposare la giovane Marja), Chlestakow fugge con un pretesto. Una sua lettera resta però all’ufficio postale, e dal contenuto i cittadini capiscono di essere stati beffati; mentre sono incerti se ridere o piangere, viene annunciato l’arrivo del vero ispettore.
Per questo soggetto brillante Egk fa appello alla sua inventiva più sbrigliata, combinando l’incalzare dell’azione con un ventaglio multicolore di ritmi e timbri che ha qualcosa della snellezza nervosa diMavra, l’opera comico-grottesca di Stravinskij, e insieme un’inclinazione ballettistica, da pantomima. L’affettazione dibon tonostentata da Chlestakow si traduce in echi di lirismo alla francese (l’aristocrazia russa era notoriamente francofila); il clima più corrivo della provincia russa viene individuato invece attraverso il ricorso a temi popolari, fra cui spicca per incidenza quello cosiddetto ‘della betulla’, già impiegato da Cajkovskij nellaQuarta Sinfonia. La varietà di figurazioni, i ritmi cangianti (dalle fissità orffiane fino a un dinamismo mercuriale) e l’iridescenza della strumentazione rendono il lavoro piacevolissimo e accattivante, confermando il talento mimetico di Egk, capace di plasmare e fondere insieme stili disparati, con uno sguardo di straordinaria accortezza dal punto di vista della progettazione drammaturgica; le voci si innestano sulla frenesia dell’insieme provocando incessanti aritmie, fino a giungere alla polifonia a cappella del nonetto posto a metà dell’ultimo atto, un attimo prima dell’agnizione conclusiva.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi