Rappresentato a ridosso di
Orpheus und Eurydike,
Jonny spielt aufne offuscò rapidamente il successo in virtĂš del tono piĂš vivace e del linguaggio piĂš accessibile; ideato e redatto dallo stesso Krenek (autore di tutti i suoi libretti con lâunica eccezione di
Orpheus und Eurydike), il soggetto è ambientato in epoca contemporanea e utilizza con spiritosa disinvoltura le tecniche registiche piĂš ardite per simulare la presenza di una locomotiva in scena. Lâelemento di maggior spicco resta comunque lâinfiltrazione nel tessuto musicale di calchi jazzistici, riferiti al personaggio di Jonny e spesso affidati a unâapposita
bandsituata sul palcoscenico e autonoma rispetto allâorchestra.
Il musicista Max incontra, durante unâescursione alpinistica, la cantante Anita e se ne innamora: lei però sembra perdere la testa per il virtuoso di violino Daniello e non solo dimentica Max, ma respinge anche il negro Jonny, strumentista jazz. Questi, indispettito, ruba il prezioso violino di Daniello e innesca una gustosissima e intricata sequela di inseguimenti. Lâultimo quadro si svolge in una stazione ferroviaria, con Max ingiustamente accusato del furto, Anita decisa a discolparlo e Daniello, inviperito, che cerca di trattenerla, finendo nel trambusto sotto un treno. Eliminatosi con le sue stesse mani lâantipatico rivale, Max può partire con Anita per unatournĂŠein America, mentre il gioviale Jonny si slancia in una beneaugurante improvvisazione jazz, appigliandosi con gesto damusicala un orologio che si trasforma in un mappamondo.
Le polaritĂ espressive che lâopera mette a confronto si specchiano apertamente nella dicotomia in cui è scissa lâambientazione: da un lato la solitudine immota e sovratemporale del ghiacciaio, dallâaltro le effimere frenesie della vita cittadina. Protagonista morale della vicenda è Max, il pensatore che riesce a superare lâisolamento spirituale imposto da una creativitĂ fine a se stessa e giunge a integrare lâarte nella vita; complementare a lui è Jonny, motore pratico dellâazione, che fa scaturire la sua musica dalle pieghe accidentali degli eventi quotidiani, ma che in fondo aspira a unâarte piĂš raffinata, come dimostra il furto simbolico del violino. Nel personaggio di Max Krenek ritaglia unasilhouetteautobiografica, adombrandovi nel medesimo tempo una sorta di sinossi teatrale del âromanzo dellâartistaâ, in quanto ripercorre con efficacia lapidaria le tappe di una sofferta iniziazione interiore. La chiave di volta della vicenda si avrĂ con la scena dellâammonizione del ghiacciaio (tre voci femminili sfumate in vocalizzi arcani, a suggerire lâincorporeitĂ del vaticinio): lâidealista deve ritornare nel mondo, afferrarsi saldamente alla speranza e affrontare il turbinio e le vicissitudini dellâesistenza quotidiana. In questo modo Krenek affossa la concezione dellâartista Taugenichts, ovvero dellâintellettuale sfaccendato che si fa scudo dellâarte come di un alibi e che si rifugia negli ozi letterari eludendo le responsabilitĂ della vita; e questâuscita dalla torre dâavorio si invera nellâinconsueta scorrevolezza del linguaggio musicale, inducendo ad accantonare le durezze diOrpheus und Eurydikein favore di una maggiore comunicabilitĂ . In luogo del rigore avanguardistico dei lavori precedenti, Krenek adotta il principio della âcontaminazioneâ dei generi, avvalendosi in particolare di stilemi jazz;Jonnysegna quindi il rientro nellâorbita tonale, con una svolta dettata non da opportunismo, quanto piuttosto dal sincero proposito di ripristinare un piĂš fecondo dialogo con il pubblico; questa è la funzione dei ritmi di danza di cui lâopera pullula, dal fox-trot al tango alle inflessioni blues che contrassegnano le sortite di Jonny. Lâinteresse per il mondo del jazz va ricondotto comunque a un fenomeno di ampio riscontro nellâEuropa di quel periodo (si pensi alle esperienze del Gruppo dei Sei, a certi spunti di Ravel, alla diffusione di iniziative editoriali dedicate alle danze americane). Ă curioso notare, in ogni caso, che il tono da musical a cui Krenek piega il âsuoâ jazz fu sufficiente a far scalpore in Europa come materiale eversivo, ma suscitò risentite critiche nel Nuovo Mondo per le movenze edulcorate e âoccidentalizzateâ che qui si attribuiscono al folklore negro. Effettivamente alcuni passi hanno quasi un sapore hollywoodiano, ma riscattano la loro ingenuitĂ in unâeuforia liberatoria, come nel giubilo finale; e anche in questo caso Krenek sa porre un freno alle enfasi mettendo a tacere allâimprovviso la danza e concludendo lâopera su una âpausa di riflessioneâ in cui riaffiora al violino lâeco delsongdi Jonny. La vivacitĂ delle sfumature interne è esemplificata molto bene da passi come il monologo di Max allâinizio del secondo atto, che trascorre da una frivolezza cabarettistica (siamo in un hotel) a una tempesta interiore; lo xilofono sembra misurare le accelerazioni del battito cardiaco e gli archi sono percorsi da fremiti nervosi, quasi a scaricare in guizzi improvvisi la tensione febbrile che va accumulandosi nellâattesa delusa di Max e che troverĂ sfogo e balsamo nellâarioso accorato âIch habe geschlafen und ich habe geträumtâ (âHo dormito e ho sognatoâ). Dopo il pathos della scena sul ghiacciaio si trapassa senza soluzione di continuitĂ al vivacissimo quadretto dellâorchestrina jazz, trasmessa via radio in chissĂ quale spensierato e mondanissimo caffè; e unâanaloga volontĂ di smorzare sul nascere ogni sospetto di patetismo si incontra nel quadro ambientato alla stazione, in cui gli accenti nostalgici di Max vengono sempre zittiti con unâombra di divertito cinismo e soffocati dalle peripezie che si accavallano. Dopo il putiferio che culmina nellâinvestimento di Daniello (con grida dâalterco, fischi di locomotiva e strilli di orrore) interviene un momento affidato ai soli archi, come unrequiescatsu cui però si riverbera il sogghigno degli ottoni con sordina. Ad Anita, la cantante dâopera, sono riservati i vocalizzi di esultanza della sezione conclusiva; cosĂŹ il retaggio del belcanto si affianca allâimpiego spregiudicato della componente rumoristica, e la contaminazione si arricchisce di una scintillante mescolanza di stili ed epoche diverse, in un clima che sposa i valori espressivi allâideale di un teatro pensato per divertire.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi