Composta per l’Opéra-Comique su un testo di Gallet (futuro librettista di
Esclarmondee
ThaĂŻs), ispirato al poema di de Musset (che doveva servire ugualmente da soggetto per il balletto
Namounadi Édouard Lalo),
Djamileh, nonostante l’ammirazione di Camille Saint-Saëns e di Gustav Mahler, non conobbe che un successo di stima. La ragione dell’esito infelice va forse ricercata nelle debolezze dell’intreccio, alquanto carente sotto l’aspetto teatrale, a cui la musica di Bizet cercò di porre rimedio.
Haroun, un giovane sultano egiziano, è annoiato da tutto: scettico nei confronti dell’amore e dell’amicizia, ha preso l’abitudine di cambiare amante una volta al mese. La sua ultima favorita, Djamileh, lo ama follemente, ma pure per lei è giunta l’ora di abbandonare il palazzo per far posto a un’altra donna. Incapace di abbandonare Haroun, Djamileh, con l’aiuto del servo Splendiano, si ripresenta a palazzo travestita, nel disperato tentativo di riconquistare il cuore del sultano che, infine commosso da tanto amore, riconosce il suo cuore non del tutto inaridito; e fra le braccia di Djamileh ritorna a vivere e sperare.
La scarsa teatralità del soggetto non ha condizionato più di tanto il compositore che, anzi, ha qui modo di dar libero sfogo alla sua inclinazione per un esotismo fascinoso e languido. Bizet non era certo nuovo a questo genere di atmosfere che, già inLes Pêcheurs de perlese nella più riuscita fra le suemélodiesper canto e pianoforte (Les Adieux de l’hôtesse arabe), gli avevano consentito esiti altissimi. AncheDjamilehpuò vantare momenti di assoluto fascino: ilghazel(“Nour-Eddin roi de Lahore”) della protagonista, ad esempio, è pagina fra le più rappresentative di Bizet. A suo tempo non molto ben accolta da certa critica, a causa di alcune «arditezze armoniche», l’opera attende ancor oggi una piena rivalutazione.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi