Dieci anni dopo
Il pipistrello, Strauss cercava una replica: la terza moglie, Adele, lo sollecitò a conoscere il romanziere ungherese Maurus Jokai, che pensava a un nuovo romanzo,
Saffi. L’idea sembrò buona per un’operetta, e lo stesso Jokai pensò per il libretto a Schnitzer, che lavorò molto bene e con notevole intuito teatrale. Fu
Lo zingaro barone, al quale musicista e librettista lavorarono contemporaneamente, tanto che Schnitzer si preoccupò spesso di adattare la vicenda scenica alle idee musicali di Strauss.
Verso la metà del XVIII secolo presso Banat, paese al centro dell’Ungheria, nel Temesvar. Un villaggio desolato dominato da un castello, mentre i barcaioli cantano. Ottokar, figlio di Mirabella, governante di Arsena, cerca un tesoro che presume star lì vicino nascosto. Lo fa tutti i giorni. Czipra, vecchia zingara, lo guarda e pensa a quanto tempo spreca. Arrivano in battello Barinkay e Carnero, che sono lì come amministratori. Si parlotta un po’ del più e del meno. Czipra pronostica a Barinkay, che ha appena raccontato la storia della sua vita, che sposerà una donna che gli sarà fedele e che in sogno gli rivelerà dov’è il tesoro. Gli parla della bella Arsena. Anche a Carnero è predetto che troverà un tesoro perduto. Zsupan, nel frattempo arrivato, aiuta Barinkay nelle sue faccende. Intanto si presenta Mirabella e si scopre che è la donna perduta da Carnero (come predettogli), la quale gli svela pure che Ottokar è suo figlio. Arriva Arsena, che ama Ottokar. Barinkay le si dichiara, ma ella, che è nobile, solo un nobile potrà sposare. Intanto, preso dal canto di Saffi, Barinkay se ne innamora. Ci si indigna di tanta leggerezza. Barinkay ha preso posto nel castello. Saffi ha sognato il luogo del tesoro, che infatti viene prontamente trovato. Seguono scene di vita zigana. Czipra rivela che Saffi è figlia del pascià di Ungheria, una principessa. Ritenendosene indegno, Barinkay se ne va. A Vienna si festeggia una vittoria militare. Eroe della battaglia, Barinkay è diventato nobile: ora può sposare Saffi.
Nonostante l’argomento ungherese e a dispetto della filigrana zingaresca, lo spirito delloZingaroè musicalmente viennese, alla maniera delPipistrello: con in più quel tocco esotico, a partire dall’onomastica, che tanta fortuna avrà nella storia dell’operetta, anche in talune inflessioni strumentali e in certi profili melodici. Strauss lavorò all’opera, fatto inconsueto per lui, per due anni (Il pipistrellogli aveva preso un mese e mezzo): la partitura risulta infatti di notevole raffinatezza. L’operetta doveva essere pronta, secondo le intenzioni di Jokai, per l’Esposizione universale di Budapest del 1885, ma tardò di qualche mese, ottenendo un successo immediato. Come sempre in Strauss, l’incantevole vena melodica, rafforzata in questo caso dal frequente intervento dei cori, è il dato primario da sottolineare: tanto più che qui, riccamente, si tramano suggestioni e colori orientaleggianti, con opulenze vocali al servizio del ritratto a tutto tondo, ad esempio nell’inno alla lealtà zigana, che funge da aria di esordio di Saffi (“So elend und so treu... O haben acht”).
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi