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Re pastore, Il
Serenata in due atti di Pietro Metastasio
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart 1756-1791
Prima rappresentazione: Salisburgo, Palazzo arcivescovile, 23 aprile 1775

Personaggi
Vocalità
Agenore
Tenore
Alessandro
Tenore
Aminta
Soprano
Elisa
Soprano
Tamiri
Soprano
Note
Nel XVIII secolo la visita di un componente di una famiglia reale presso un’altra corte era l’occasione di numerosi festeggiamenti, all’interno dei quali la musica aveva spesso un ruolo di primo piano. Quando fu annunciato il passaggio a Salisburgo dell’arciduca Massimiliano, ultimogenito dell’imperatrice Maria Teresa, l’arcivescovo Colloredo incaricò il Kapellmeister Domenico Fischietti e il giovane Mozart, allora secondo Konzertmeister, di preparare gli intrattenimenti musicali. I compositori misero in musica due testi di Metastasio, sia pure di epoche diverse: il 22 aprile l’illustre ospite poté ascoltareGli orti esperidi, una serenata per cinque voci di Fischietti su un libretto del 1721, e il giorno seguenteIl re pastoredi Mozart; probabilmente le due composizioni furono presentate senza allestimento scenico (a ciò allude la definizione «serenata» che compare nel diario del consigliere municipale di Salisburgo, Scheidenhofen, ripresa dallo stesso Mozart in una lettera al padre) e vennero interpretate dai medesimi cantanti, ma non si conosce ilcastper intero. Per l’occasione giunsero da Monaco il castrato Tommaso Consoli, cui fu affidato il ruolo di Aminta, e il flautista Johann Baptist Becke, che suonò alcuni brani molto brillanti nelle arie; gli altri interpreti erano quasi sicuramente membri della cappella di corte di Salisburgo. Non si sa con certezza se fu Mozart o lo stesso Colloredo a scegliereIl re pastore, né si conosce il nome del poeta che rielaborò il testo metastasiano; punto di riferimento era la versione presentata nel 1774 a Monaco con musiche tratte dalRe pastoredi Pietro Alessandro Guglielmi (Venezia 1767), in cui Tommaso Consoli aveva interpretato il ruolo di Elisa: qui l’originale in tre atti è ridotto a due, con l’eliminazione di cinque arie e di parte dei dialoghi, e vi è un nuovo e più ampio coro finale (“Viva l’invitto duce”). Rispetto a questo libretto la composizione di Mozart contiene poi ulteriori aggiunte e modifiche, che potrebbero essere attribuite al futuro autore del testo dell’Idomeneo, l’abate Varesco. Mentre Bonno e ancora Gluck avevano previsto quattro soprani e un tenore, Mozart riequilibrò l’ensembledestinando a un secondo tenore la parte di Agenore; comune a Hasse e a Gluck è invece la scelta di far seguire direttamente la prima scena all’ouverture.

In passato, i maggiori studiosi di Mozart hanno giudicatoIl re pastorecon severità, ritenendolo privo di intensità drammatica e incapace di raggiungere un’efficace definizione dei personaggi; tali limiti venivano ricondotti al carattere d’occasione e al libretto di Metastasio, che non sarebbe stato capace di toccare le corde personali del compositore. In tal modo questo lavoro veniva accomunato alle altre opere giovanili, considerate come fase preliminare in cui si delineano gli elementi che troveranno piena realizzazione nei capolavori della maturità. Reinhard Strohm è stato tra i primi a rendere giustizia alla composizione, dimostrando come in Mozart l’opera metastasiana, sia pure giunta quasi ad esaurimento, avesse ancora una sua validità. Questa linea interpretativa mette in luce la chiara articolazione formale e l’impianto equilibrato delRe pastoree sottolinea come la mancanza di apparato scenico sia compensata da una grande varietà della musica. Tra le dodici arie presenti in partitura non se ne possono individuare due dalla struttura identica: a fianco delle tradizionali arie colda capo, ne compaiono di articolate in quattro parti e rondò; inoltre, in taluni luoghi, fanno capolino principi organizzativi di origine strumentale, in primo luogo desunti dalla forma-sonata. Una delle cifre dell’opera è proprio costituita dall’intreccio fra la tradizione vocale e quella strumentale: non è casuale, ad esempio, che la prima sezione dell’aria di Aminta “Aer tranquillo e dì sereni” sia stata ripresa di lì a poco da Mozart per il tema iniziale delConcertoper violino KV 216. L’adozione di forme diverse contribuisce in modo determinante alla caratterizzazione dei personaggi: ad Alessandro sono assegnate ben tre arie, che ricordano nella linea melodica e nell’accompagnamento orchestrale lo stile eroico dell’opera seria; l’importanza del personaggio regale è sottolineata nel primo atto dall’adozione delle trombe, mentre altrove (“Se vincendo vi rendo felici”) il flauto solista dialoga con la voce, entrando in competizione con le sue colorature. La dimensione bucolica emerge invece nei brani affidati ad Aminta (come la sua semplice canzone di esordio “Intendo amico rio”, in un 6/8 pastorale) o nel testo descrittivo della prima aria di Elisa (“Alla selva, al prato, al fonte”), che canta le gioie della vita a contatto con la natura.

Mozart diresse la prima esecuzione; probabilmente fu lui a eseguire la parte di violino solista nella celebre aria di Aminta “L’amerò, sarò costante”, un rondò in mi bemolle maggiore articolato in cinque sezioni, che divenne un brano prediletto dai cantanti. Quest’aria ha un ruolo importante anche nell’intreccio, poiché Agenore fraintende le parole di Aminta credendo che la sua dichiarazione di fedeltà riguardi Tamiri. Il dolore e i tormenti di Agenore trovano espressione poco dopo in “Sol può dir come si trova”, l’unica aria in tonalità minore dell’opera: il veemente accompagnamento degli archi, il colorito cupo e le numerose modulazioni generano un’intensità drammatica che preannuncia alcune pagine dell’Idomeneo.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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