Durante il periodo della sua permanenza a Parigi, Leoncavallo aveva frequentato i caffè-concerto e aveva fatto anche il pianista accompagnatore: naturale che il soggetto di Berton e Simon (l’attore che era stato il primo Scarpia nella
Toscadi Sardou, accanto a Sarah Bernhardt) lo avesse affascinato.
Atto primo. Zazà è lasoubrettedel caffè-concerto dell’Alcazar a St-Etienne. A lanciarla è stato Cascart: prima la ragazza viveva miseramente con la madre Anaide, un’ex artista sempre ubriaca. Cascart è innamorato della ragazza; lei gli è riconoscente, ma ama Milio Dufresne.
Atto secondo. Zazà , che da tre mesi è l’amante di Milio, è preoccupata a causa dell’annunciata partenza di lui per l’America. Arriva però Cascart, che le racconta di aver visto Milio a Parigi, in compagnia di una donna elegante. Zazà teme che l’uomo abbia un’amante e parte per la capitale.
Atto terzo. A Parigi. Milio è sposato e ha una figlia: con dolore ha deciso di lasciare Zazà e partire con la famiglia per l’America. Milio esce di casa con la moglie, quando arriva Zazà , che fa credere al maggiordomo di essere attesa dalla padrona di casa. Lasoubrettescopre che Milio è sposato e conosce anche sua figlia, Totò. Distrutta dal dolore, si allontana piangendo.
Atto quarto. Zazà confida a Cascart (“Zazà , piccola zingara”) di voler ricominciare a cantare, ora che la sua storia d’amore è finita. Prima però vuol dire addio a Milio. All’uomo, all’oscuro di quanto sia successo, Zazà confessa di sapere tutto e gli fa credere di aver raccontato alla moglie la verità su loro due. La reazione di Dufresne è violenta: la insulta pesantemente dichiarando tutto il suo amore per la moglie. A Zazà è ormai chiaro che per Milio la famiglia è la cosa più importante. Allora spiega a Milio che non è successo niente, che la moglie è all’oscuro della loro relazione. E anche se l’uomo vorrebbe riavvicinarsi ella lo scaccia. Rimasta sola, Zazà piange sulla sua solitudine.
Il mondo del teatro visto da dietro le quinte, il ruolo dell’attore costretto a recitare nonostante i propri problemi personali: sono temi che Leoncavallo aveva già sviscerato inPagliacci, e che qui ritornano, seppure in un’ottica meno tragica. Ma al compositore piace mescolare le carte utilizzando temi da caffè-concerto, parodie rossiniane, romanze da salotto, stilemi operettistici. Tanti, forse troppi, sono i personaggi che affollano i camerini e il palcoscenico dell’Alcazar: su tutti domina la figura della protagonista, di cui l’opera delinea un vero e proprio ritratto psicologico. Con «energia disperata» (come prescriveva il compositore), Zazà nel terzo atto declama la sua disperazione e l’amara constatazione dell’impossibilità del suo amore: in stridente contrasto, per sottolineare ancora di più la distanza tra il suo mondo, quello del caffè-concerto, e quello di Milio, un salotto borghese, la piccola Totò suona al pianoforte un’Ave Maria di Cherubini.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi