Si tratta di una delle prime commedie per musica in dialetto napoletano (con un inserto di parlata toscana, in bocca al personaggio di Federico Mariani) giunte a noi integre. Il genere, nato come forma di intrattenimento delle classi più alte a scapito di quelle inferiori, di cui mette in ridicolo la vita quotidiana, trovò in Vinci uno dei primi geniali e assidui interpreti, ospite importante del Teatro dei Fiorentini, deputato a questo tipo di spettacolo. Da notare come nella commedia il personaggio della vecchia Meneca sia impersonato da un tenore, messo in berlina dalla musica per la sua stoltezza nello sputare sentenze del tutto inconsistenti, secondo una tradizione comica collaudata. Un soprano donna prestava invece la voce a Ciccariello.
Abbandonata Belluccia a Sorrento, Carlo si trova a Napoli, dove ha trovato un nuovo amore in Ciomma. L’intrepida Belluccia lo sta però inseguendo: travestita da uomo, recita in modo tanto convincente da mietere successi tra le signore del luogo (Meneca e Ciomma stessa). Le cose si mettono al peggio per Carlo quando il padre di Belluccia, il capitano di galera Federico Mariani, minaccia di morte il seduttore. Fortunatamente la ragazza si commuoverà a favore dell’infedele fidanzato.
La musica di Vinci si fa specchio dell’ambientazione realistica della commedia, per cui ogni singolo pezzo viene declinato come se venisse interpretato ‘in presa diretta’, con un coinvolgimento immediato del personaggio in questione. Così Ciomma, nel corso dell’aria “Va’, dille ch’è ‘no sgratoâ€, cambia in continuazione il senso del messaggio amoroso affidato a Colagnolo per Peppariello, mentre la musica, nella sua scrittura sinuosa e discontinua, segue da presso l’andamento confuso del pensiero della ragazza. La freschezza melodica della melodia di Vinci viene esaltata dall’accompagnamento all’unisono dei violini e dall’inserzione di un ritornello fulmineo ed elementare, in un contesto armonico altrettanto deliberatamente semplice. Sempre a Ciomma spetta un saggio di travolgente agitazione – segnale della lacerazione intima del personaggio tra odio e amore – nell’aria “Negramene, so ‘ncappataâ€, opportunamente segnata Presto in partitura. Per riprodurre l’ambiente sociale ‘basso’, Vinci adotta inoltre una scrittura per archi che imita le sonorità di strumenti popolari tipici di Napoli, quali il colascione.