L’opera fu commissionata a Haydn da John Gallini, l’impresario di un nuovo teatro d’opera sostenuto dal principe di Galles, il futuro Giorgio IV. Haydn, che si trovava a Londra, ricevette il libretto redatto da Badini, poeta del teatro d’opera italiano, nel gennaio 1791. La ‘prima’ avrebbe dovuto avere luogo il 31 maggio dello stesso anno, ma Gallini non ottenne la licenza di apertura del teatro e l’opera di Haydn rimase manoscritta e dimenticata fino al 1951, quando fu allestita a Firenze. La partitura autografa è forse incompleta nel terzo atto ed è problematico ricostruire l’esatta successione dei numeri. È stata anche avanzata l’ipotesi (Feder) che il finale tragico non sia quello definitivo, ma che preluda al trionfo della Filosofia, della Giustizia o di qualche altra allegoria illuministica.
Atto primo. Euridice è promessa sposa ad Arideo per volere del padre, ma ama, ricambiata, il cantore tracio Orfeo. Per sottrarsi alle nozze, fugge nella selva dove incontra alcuni mostri. Orfeo riesce a incantarli con la propria musica e a salvare Euridice, e Creonte è costretto ad accettare l’amore dei due giovani.
Atto secondo. Un guerriero di Arideo tenta di rapire Euridice, che fugge, viene morsa da un serpente e muore invocando Orfeo. Orfeo intona un lamento, mentre Arideo e Creonte manifestano i loro propositi di vendetta.
Atto terzo. Tutto l’atto è dominato da arie e cori di contenuto morale; un genio inviato dalla Sibilla promette a Orfeo di accompagnarlo negli inferi.
Atto quarto. Negli inferi. Un coro di ombre infelici e di Furie accoglie Orfeo, che chiede a Plutone di oltrepassare la soglia infernale. Appare Euridice. Il coro raccomanda a Orfeo di non voltarsi, ma questi non riesce a trattenersi e la perde per la seconda volta. Il genio abbandona il suo protetto, che cade nella disperazione. Tornato nel mondo dei vivi, Orfeo incontra un coro di baccanti, e, ormai indifferente all’amore e ai piaceri, accetta da loro una coppa di veleno. L’opera si conclude su un coro delle baccanti, che, volendo far vela per l’isola dei piaceri, rischiano di soccombere alla furia di una tempesta.
Questa curiosa rivisitazione del soggetto di Orfeo ed Euridice mostra molte incongruenze: le più vistose sono l’introduzione dei caratteri secondari di Creonte e Arideo, che non hanno nulla a che vedere con il mito originale, narrato nelleGeorgichedi Virgilio e nelleMetamorfosidi Ovidio. Enigmatico è il titolo stesso:L’anima del filosofo. Chi è il filosofo? Orfeo che esercita il dominio sulla natura tramite la forza incantatrice della musica, oppure l’anima del filosofo è Euridice, o, ancora lo stesso genio che lo conduce agli inferi, come Hermes psicopompo o il Virgilio dantesco? Il senso di queste innovazioni vanno ricondotte sia all’esigenza di introdurre elementi nuovi in un soggetto troppo sfruttato, sia al desiderio di trovare occasioni per arie dottrinarie e sentenziose, consone al gusto filosofico di Badini, il traduttore italiano dellePenséesdi Pascal. Anche Haydn sembra evitare analogie con i celeberrimi esempi gluckiani: Orfeo non ha un’aria di fronte alle porte infernali, né Euridice, quando compare per l’ultima volta. I numerosi cori, più spesso a due e talvolta a quattro voci, sono di eccellente fattura (come è da aspettarsi da un consumato autore di musica sacra e dal futuro autore dellaCreazionee delleStagioni) e l’aria di Euridice in punto di morte è molto toccante (“Del mio coreâ€). Grande rilievo è dato alla scrittura orchestrale sia nei ritornelli delle arie e dei duetti sia nei recitativi accompagnati che precedono le arie principali, per lo più monostrofiche o bipartite. Inutile cercare tuttavia una coerenza drammaturgica o un piano musicale di grande respiro, paragonabile ai coevi esempi mozartiani; in ambito teatrale Haydn accettò e seguì le convenzioni del genere, ravvivandole talvolta con felici invenzioni e una ricca scrittura musicale con l’attenzione rivolta tuttavia al canto, piuttosto che al dramma.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi