Ungherese di nascita ma di formazione viennese, Karl Goldmark, appassita la solida fama che lo accompagnò in vita, è oggi autore poco ricordato e ancor meno eseguito. Si salvano a stento da questo spietato oblio il
Concerto per violino in la minore, la deliziosa sinfonia
Ländliche Hochzeit e, appunto,
Die Königin von Saba. Eppure quest’opera, la prima delle sue cinque, conobbe all’apparire momenti di esaltante successo, una diffusione internazionale ragguardevole, il favore di direttori e cantanti celeberrimi (qualche nome: Mahler, Walter, Caruso). Basato su un tema che ha attraversato con fortuna secoli di letteratura, il libretto di Mosenthal è un esempio eloquente di quella commistione di esotismo, erotismo e monumentalità che tanto piaceva al pubblico dell’epoca (vedi
Aida e
Samson et Dalila e – perché no? –
SalammbĂ´ di Flaubert e
ThaĂŻs di France).
A Gerusalemme, presso il palazzo di Salomone, la corte attende il ritorno di Assad, futuro sposo di Sulamith, inviato dal re a incontrare la regina di Saba, in viaggio per visitare la città . Giunge Assad, che rivela a Salomone di essersi innamorato durante la sua missione di una creatura meravigliosa, incontrata di notte presso una fonte. Enorme è lo stupore del giovane quando, all’arrivo della regina di Saba, riconosce in lei – dopo che si è tolta i veli che la celavano – la donna amata. Assad si slancia verso la regina, ma costei finge di non conoscerlo; Salomone rammenta gelidamente al giovane che il suo matrimonio con Sulamith è fissato per l’indomani. La regina, turbata da questo annuncio, desidera parlare ad Assad e, con l’aiuto di Astaroth, ottiene di incontrarlo nottetempo nei giardini del palazzo: l’amore tra i due divampa irrefrenabile. Il giorno successivo, durante la cerimonia nuziale, appare inattesa la regina; Assad, accecato dalla passione, getta a terra l’anello e dichiara il suo amore per la sovrana, che nuovamente ostenta di non conoscerlo. I presenti, scandalizzati, reclamano a gran voce la morte per il blasfemo; Salomone si riserva il diritto di giudicarlo. Durante una festa in suo onore la regina chiede a Salomone la grazia per Assad, tradendo agli occhi dell’irato sovrano la propria falsità ; solo le suppliche strazianti di Sulamith commuovono il re: Assad avrà salva la vita, ma sarà esiliato nel deserto. Il giovane, allo stremo delle forze, viene raggiunto presso un palmizio dalla regina. A nulla valgono questa volta le seduzioni della donna; egli la scaccia, per morire poi tra le braccia della fedele Sulamith giunta a soccorrerlo.
Frettolosamente etichettato come epigono wagneriano, Goldmark si è visto negare sovente una cifra compositiva personale: ingeneroso il giudizio, discutibile la collocazione. Stando alla Königin (e non solo), Goldmark sembra cedere all’influsso di Wagner solo a tratti e in superficie per qualche episodica spruzzata di cromatismo, non certo per l’articolazione drammaturgica; salda è infatti la fiducia nel pezzo chiuso, di matrice mendelssohniana la chiarezza formale e il magistero strumentale, mentre è debitrice del grand-opéra la cornice decorativa. Quanto all’aspetto melodico, mancano forse l’impennata elettrizzante, il fendente risolutore, ma Goldmark vince sovente ai punti e, se impatta o (più di rado) perde, non gli difettano mai maestria e signorilità . Opera di singolare compattezza e continuità , Die Königin von Saba vanta diverse pagine di rilievo, tra le quali si possono citare almeno l’ouverture, le danze e la drammaticissima aria della regina “Jubels Festgepränge”; menzione a parte merita l’aria di Assad, un tempo celeberrima (“Magische Töne”), brano incantevole di arcana levità di cui rimangono le memorabili interpretazioni di Caruso, Slezak e Gedda.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi