Musicata quasi certamente su libretto di Gian Francesco Romanelli (meno attendibile è invece considerata l’attribuzione a Felice Romani), l’opera non ebbe successo alla prima rappresentazione per ragioni indipendenti dall’esecuzione (le scene erano di Sanquirico e Alessandro Rolla era ‘primo violino, capo d’orchestra’) e dalla qualità della musica; infatti, il celebre tenore Giovanni David diede forfait all’ultimo momento e anche il sopranista Giovanni Battista Velluti non si rivelò all’altezza della sua fama.
Il soggetto tratta della rivalità tra Aureliano e Arsace per la bella Zenobia innamorata di quest’ultimo. Solo dopo avere inutilmente imprigionato il rivale e mosso una guerra vittoriosa a Palmira, l’imperatore, ammirato dall’indissolubile legame tra i due amanti, li perdonerà lasciandoli liberi.
Aureliano in Palmiraviene spesso ricordata solo per il presunto litigio tra Velluti e Rossini che, irritato dalle ampollose fioriture belcantistiche improvvisate dal celebre cantante, avrebbe da allora deciso di stenderle di proprio pugno. In realtà Rossini, che da sempre aveva scritto per esteso i suoi abbellimenti, desiderava solo evitare emissioni forzate e innaturali in favore di un canto flessibile e più espressivo. Al di là di un episodio la cui importanza è stata in seguito ridimensionata,Aurelianorappresenta un fecondo terreno di maturazione di molti stilemi del Rossini comico e serio, giunti conL’italiana in AlgerieTancredia un primo livello di perfezionamento. Non a caso la sinfonia introduttiva, passata dapprima all’Elisabetta, divenne in seguito quella ufficiale e universalmente conosciuta delBarbiere; la cabaletta di Arsace “Non lasciarmi in tal momento†fornì più di uno spunto per l’aria di Rosina “Una voce poco faâ€. Oltre a questo, il duetto Arsace-Zenobia “Se tu m’ami, o mia reginaâ€, che Stendhal trovava «sublime», sembra addirittura prefigurare nel linguaggio armonico e nel profilo della melodia talune soluzioni di scrittura di Donizetti; e un episodio come “Ah, l’ara ci scuote!†del gran sacerdote all’inizio dell’opera, lascia intravedere l’uso, che sarà di Verdi, del cromatismo e della reiterazione espressiva su determinate note nel corso di un momento drammatico. L’opera non restò in repertorio a lungo nonostante l’impegno e la passione di Velluti, che la propose più volte sui palcoscenici d’oltralpe. La prima rappresentazione in tempi moderni ha avuto luogo nel settembre 1980 a Genova.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi