Estremo omaggio del compositore all’amico e grande tenore Peter Pears, per il quale furono scritti su misura molti ruoli protagonistici del suo teatro,
Death in Veniceè l’ultimo capolavoro di Benjamin Britten. Il compositore, stanco e affaticato dalla malattia, non ebbe nemmeno il tempo di curarne la registrazione discografica, come era sua consuetudine, che venne quindi affidata alle amorevoli cure di Steward Bedford. È stato spesso sottolineato come il soggetto di Thomas Mann fosse particolarmente congeniale alla sensibilità e fors’anche alla visione esistenziale di Britten, ma si dimentica che il compositore inglese affrontò tematiche simili, o comunque affini, nel corso di tutta la carriera. Lo struggimento per la Bellezza, intesa come valore morale oltre che estetico («Beauty is the mirror of spirit» canta la voce di Apollo) è argomento affrontato già nel
Billy Budd, e forse con una maggiore intensità drammatica. In
Death in Venicesi aggiunge quel senso di disfacimento, di distacco dalla vita che in quel momento era, forse per motivi biografici, così presente al compositore. Rappresentata nel ’73 al festival di Aldeburgh, l’opera conobbe subito un eccezionale successo di critica e di pubblico; in Italia la ‘prima’ ebbe luogo il 20 settembre 1973, nella quanto mai idonea cornice del Teatro La Fenice di Venezia.
Atto primo. Aschenbach, un celebre scrittore, sente la sua creatività affievolirsi; un misterioso viaggiatore, incontrato presso il cimitero di Monaco, lo incoraggia a partire per il Sud. Sul battello che lo conduce a Venezia, Aschenbach incontra un vecchio mascherato da giovane (seconda incarnazione del destino), personificazione di tutto ciò che egli detesta. Preceduto da una ouverture che descrive Venezia, Aschenbach giunge all’Hotel del Lido, trasportato da un vecchio gondoliere che immediatamente si dilegua. Il direttore dell’hotel accompagna lo scrittore nella sua camera; più tardi Aschenbach vedrà nella sala da pranzo il bel Tadzio, circondato dalla sua famiglia polacca. Sulla spiaggia Aschenbach ammira Tadzio giocare con gli altri fanciulli. Infastidito dallo scirocco che soffia su Venezia, dai venditori ambulanti e dai mendicanti, lo scrittore decide di abbandonare la città , ma un contrattempo nella spedizione dei bagagli lo costringe a tornare all’hotel. Sulla spiaggia Aschenbach identifica Tadzio e i suoi compagni di giochi con gli antichi adepti al culti di Apollo.
Atto secondo. Nella bottega del barbiere Aschenbach scopre che un misterioso morbo sta dilagando nella città ; apprendendo dai giornali tedeschi la verità sull’epidemia di colera lo scrittore, teme che la famiglia polacca abbandoni la laguna. Gli ospiti dell’hotel assistono a un volgare spettacolo di musicisti ambulanti; solo Tadzio e Aschenbach non partecipano al divertimento generale. Nell’agenzia di viaggio i turisti, spazientiti, cercano di abbandonare Venezia; Aschenbach ha così un’ulteriore conferma dei suoi sospetti. Lo scrittore decide di avvertire del morbo la madre di Tadzio, ma all’ultimo momento si trattiene. Durante un sogno Aschenbach partecipa a un’orgia in onore di Dioniso. Sulla spiaggia deserta lo scrittore, ormai conscio del proprio desiderio nei suoi confronti, osserva il fanciullo giocare. Nel negozio del barbiere, Aschenbach si tinge i capelli e si trucca il viso per apparire più giovane. Così imbellettato, Aschenbach insegue per le calli di Venezia la famiglia polacca; quindi, esausto, disperato e lucidamente conscio della propria passione, Aschenbach muore contemplando per un’ultima volta Tadzio sulla spiaggia.
L’elaborato uso delle percussioni accompagna ogni apparizione in scena di Tadzio e della sua famiglia; i loro ruoli sono affidati da Britten non a cantanti, ma a un gruppo di danzatori-mimi. Il compositore fa quindi propria la scelta di Thomas Mann, che nel romanzo fa pronunciare solo pochissime parole ai componenti della famiglia polacca. La musica che sottolinea ogni loro intervento è al contempo luminosa e inquietante, ossessiva nelle sue martellanti sonorità . InDeath in VeniceBritten dà così pienamente sfogo al suo interesse per la musica orientale, balinese in particolare. Aschenbach si esprime principalmente attraverso un recitativo accompagnato dal pianoforte, dalla forma estremamente sciolta che, secondo le prescrizioni di Britten, dovrebbe essere cantato «liberamente, con diverse velocità , in sintonia con il senso del testo drammatico». A tratti la vocalità del protagonista si distende in ampi squarci lirici di grande suggestione, quali l’invocazione alla gondola “Mysterious gondola†(vista come un simbolo di morte) o l’impressionante soliloquio finale “Chaos, chaos and sicknessâ€. A un solo basso-baritono sono invece affidati i sette personaggi (altrettante personificazioni del destino) che, quali messaggeri di morte, accompagnano Aschenbach nel suo viaggio senza ritorno.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi