L’opera di Vinci (rappresentata – come l’
Alessandro nelle Indie– nell’ultima stagione teatrale del compositore, che morì prematuramente pochi mesi dopo) è la prima intonazione di questo testo metastasiano, il più frequentato tra i drammi del poeta, messo in musica più di novanta volte da una folla di compositori: Gluck (Milano 1741) e Johann Christian Bach (Torino 1761) vi iniziarono le loro carriere, mentre diversi teatri europei (Dresda, Stoccarda, Padova) furono inaugurati con questo dramma. Il soggetto è tratto, come spesso accade in Metastasio, dalla drammaturgia francese del Seicento (
Xercèsdi Crébillon e
Le Ciddi Corneille) e affronta simultaneamente un problema politico, come la fedeltà al potere e il suo tradimento, e una predominante tematica affettiva, l’oscillare dei sentimenti di amore e amicizia di fronte al sospetto della colpevolezza.
Atto primo. Artabano, appena reduce dall’assassinio del re Serse, scambia la spada insanguinata con quella del proprio figlio Arbace (innamorato ricambiato della figlia di Serse, Mandane). Riesce poi a convincere il principe Artaserse che sia stato Dario, altro figlio di Serse, l’autore del crimine e, approfittando dell’indignazione del fratello, ordina l’immediata esecuzione del colpevole. Intanto, trovato in possesso dell’arma del delitto, Arbace viene arrestato: Artaserse esita tuttavia a emettere la condanna contro l’amico.
Atto secondo. Incerto tra le richieste di grazia da parte di Semira, sua amante e sorella di Arbace, e i propositi di vendetta di Mandane, Artaserse rimette la sorte di Arbace ad Artabano. Questi, nello stupore generale, condanna il figlio a morte, ma nascostamente progetta un colpo di stato che lo porti sul trono di Artaserse.
Atto terzo. Artaserse fa fuggire Arbace dal carcere; quando Artabano vi giunge con la stessa intenzione, crede che il figlio sia stato giustiziato e decide di vendicarsi. Infatti, mentre Artaserse sta per bere il veleno al banchetto d’incoronazione, scoppia una rivolta che viene prontamente sedata da Arbace. Vedendo che Artaserse propone a quest’ultimo di brindare con lo stesso calice avvelenato, Artabano confessa il piano regicida e viene condannato all’esilio, mentre le due giovani coppie possono festeggiare la loro unione.
Le situazioni sentimentali ideate da Metastasio trovano nella musica di Vinci (che durante gli anni della conoscenza reciproca a Napoli intonò ben sette testi del poeta) una corrispondenza ideale, che Metastasio non dimenticherà mai: melodie di incantevole bellezza in cui le voci di registro femminile possono esercitare il loro fascino, accompagnate da un’orchestra discreta che ne asseconda docilmente il gioco degli affetti. In particolare le arie di Arbace, il ‘primo uomo’ (allora il celebre Carestini), mostrano tutte – nell’aderenza al testo – una precisa caratterizzazione: dalla complessità della concitata aria di sortita “Fra cento affanni e cento†(I,2) alla maestosa imponenza descrittiva di quella popolarissima a conclusione del primo atto “Vo solcando un mar crudele†(I,15), al nitore pieno di grazia dell’aria “L’onda dal mar divisa†(III,1). L’Artasersedi Vinci – ripreso per quattro stagioni a Napoli (fino al 1743), esaltato da Charles de Brosses – fu uno dei pochissimi titoli di opera seria a guadagnarsi una diffusione vasta e durevole nel primo Settecento, contribuendo in modo decisivo alla fama postuma del suo autore.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi