L’opera ha per soggetto la disastrosa disfatta delle legioni di Varo in Germania, secondo la narrazione di Tacito negli
Annales. Due capi barbari, Arminio e Segeste, si trovano politicamente su fronti opposti: il primo deciso a difendere la libertà del proprio popolo, il secondo disposto a scendere a patti con l’invasore latino. Proprio grazie a Segeste Varo riesce a catturare il ribelle Arminio; non ha però fatto i conti con il genio femminile delle donne locali, incarnato da Tusnelda e Ramise che, forti dell’appoggio di Sigismondo, liberano Arminio dalla prigione. Reintegrato nelle sue facoltà di comando, il prode guerriero barbaro guida il proprio popolo nella resistenza contro i Romani, infliggendo a Varo la celeberrima, cocente sconfitta e ristabilendo la pace in terra di Germania.
ConArminio– e le contemporaneeGiustinoeBerenice– Händel intendeva approfittare della partenza da Londra di Porpora, l’insidioso avversario scritturato dalla compagnia rivale del King’s Theatre; ma, a due anni di distanza da capolavori comeAriodanteeAlcina, il vecchio libretto di Salvi, risalente ancora al 1703, proponeva un canovaccio di dramma eroico ormai superato. A rovesciare le sorti dell’opera, che resse per sole sei recite, non bastò neppure ilcastdi prim’ordine, che comprendeva molte glorie del teatro händeliano come Anna Maria Strada del Po, Domenico Annibali, Gioacchino Conti detto Gizziello (gli ultimi, due celebri castrati, interpretavano i ruoli di Arminio e Sigismondo). Tuttavia sono ancora degni di nota diversi numeri della partitura, come l’aria di Varo “Mira il ciel” e quella di Tusnelda “Rendimi il dolce sposo”, posta a sigillo del secondo atto. Nel Novecento l’opera venne ripresa a Lipsia (23 febbraio 1935), nella revisione di Max Seiffert e Hans Joachim Moser.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi