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Armide
Tragédie en musique in un prologo e cinque atti di Philippe Quinault
Musica di Jean-Baptiste Lully 1632-1687
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra, 15 febbraio 1686. Prologo: la Gloire (S), la Sagesse (S), loro seguito

Personaggi
Vocalità
Armide
Soprano
Aronte
Basso
Artémidore
Basso
Hidraot
Basso
la Haine
Basso
le Chevalier Danois
Tenore
Lucinde
Soprano
Mélisse
Soprano
Phénice
Soprano
Renaud
Tenore
Sidonie
Soprano
Ubalde
Basso
un amante fortunato
Tenore
una naiade
Soprano
una pastorella
Soprano
Note
Lo sfolgorante successo conseguito daArmidegià alla sua prima rappresentazione, e la fama di inuguagliabile modello assicurato per suo tramite a intere generazioni di compositori francesi, si protrasse ben addentro il XVIII secolo: l’opera veniva data ancora nel 1764, appena tredici anni prima che Gluck si cimentasse con lo stesso testo. D’altro canto il conservatorismo classicista della tradizione francese, che tanto a lungo guardò retrospettivamente ai canoni lulliani, trova qui una delle sue più mirabili ragion d’essere, per il grado di raffinata quanto spontanea fusione del testo con la musica e di entrambe con gli eterogenei apporti – mimici, coreografici e spettacolari – chiamati a confluire nella complessa macchina teatrale dellatragédie lyrique.

Prologo. La Gloria e la Saggezza a dialogo, come due dame che si dividono equamente i favori del cuore di Renaud, ne lodano gli eroismi in guerra e in pace; egli saprà trionfare, proclamano entrambe, anche sulle tentazioni dell’amore.

Atto primo. Una grande piazza sormontata da un arco di trionfo. Armide si lamenta con le sue confidenti Sidonie e Phénice: al momento del suo più grande trionfo, l’aver fatto innamorare di sé tutti i cavalieri crociati, una profonda tristezza l’affligge. Renaud resta ancora insensibile alle lusinghe del suo fascino e della sua bellezza. Per questo Armide lo ammira e lo odia al tempo stesso. La maga è sollecitata da Hidraot a scegliersi uno sposo tra i grandi cavalieri che sono ai suoi piedi. Ma ella ribatte che solo chi saprà vincere Renaud sarà degno di lei. Il trionfo di Armide viene celebrato con un estesodivertissement(marche, rondeau et sarabande; I,3). I festeggiamenti sono interrotti dall’arrivo di Aronte: Renaud, con la forza del suo solo valore, ha liberato i cavalieri cristiani prigionieri di Armide, che giura vendetta.

Atto secondo. Un’aperta campagna, ove un fiume forma un’isola amena. Renaud, bandito dal campo dei cavalieri cristiani, è raggiunto dal fido Artémidore, che lo invita a farvi ritorno e a guardarsi dalle insidie di Armide. Hidraot e Armide invocano le potenze infernali perché conducano in loro potere Renaud, vittima designata. Renaud, solo, è sedotto dalle bellezze naturali dell’isola, si dice incapace di lasciarla e cade addormentato. Le potenze infernali inviate da Armide si manifestano sotto le forme ingannatrici e attraenti di naiadi, ninfe, pastori e pastorelle che adornano il dormiente con corone di fiori. Armide potrebbe ora celebrare la sua vendetta contro Renaud vinto dal sonno. Si accinge a colpirlo, ma esita ed è presa dalla pietà: Renaud le appare «fatto non solamente per la guerra, ma per l’amore». Ordina dunque alle schiere di demoni di trasformarsi in amabili zefiri, che conducano entrambi sul suo carro fino ai più lontani confini del mondo.

Atto terzo. Un deserto. La collera di Armide si è mutata in languore: ora è la maga a trovarsi prigioniera di Renaud, vinta da spontaneo amore per lui. L’amore di Renaud è invece una mera apparenza, si duole Armide con Phénice e Sidonie, perché è solo il frutto dell’artificio indotto dall’incantesimo. Armide invoca allora una seconda volta le potenze infere, affinché la salvino dall’amore. In risposta alla chiamata di Armide compaiono l’Odio e il suo seguito, prontamente apprestandosi a spezzare e distruggere ogni vincolo d’amore. Ma Armide comanda all’Odio di interrompere la sua opera, preferendo restare «sotto la legge del suo dolce dominatore». L’Odio compiange la debolezza amorosa di Armide, che la condurrà «a un orribile abisso», e la punisce del suo voltafaccia promettendole di lasciarla per sempre in preda del suo amore.

Atto quarto. Ubalde e le Chevalier Danois si dirigono verso il palazzo di Armide per liberare Renaud, respingendo i mostri inviati contro di loro dalla maga. Ma costei ora scaglia contro di loro le lusinghevoli forze dell’incantesimo amoroso, sotto le apparenze di Lucinde e Mélisse: ma al tocco dello scettro d’oro donato da un mago ai cavalieri, a difesa dagli incantesimi, le «pericolose dolcezze delle illusioni amorose» svaniscono.

Atto quinto. Il palazzo incantato di Armide. Renaud giace ai piedi di Armide, privo di armi e ricoperto di ghirlande di fiori. La maga si allontana dall’amato per interrogare le potenze infernali e lo affida ai Piaceri e agli Amanti fortunati. Ma Renaud respinge i Piaceri, desideroso solo del ritorno di Armide. Ubalde e le Chevalier Danois, approfittando dell’assenza di Armide, mostrano a Renaud l’altro dono del mago: uno scudo di diamante che gli permette di rinsavire. I cavalieri si accingono a lasciare l’isola, e la maga, disperata, cerca in ogni modo di trattenere Renaud offrendosi sua prigioniera, cercando ora di minacciarlo ora di impietosirlo. Ma Renaud resiste alle sue lusinghe e la lascia, non senza parole di compianto per la sua infelice sorte. Armide, abbandonata, lamenta il proprio destino. Scaccia i Piaceri dal palazzo e ordina ai demoni che venga distrutto, augurandosi che con esso resti sepolto anche il funesto amore per Renaud; quindi si allontana sul suo carro volante.

ConArmideLully e Quinault, il fedele librettista di undici delle sue tredici opere (se escludiamo duepastorales-héroïquese l’incompiutaAchille et Polyxène), raggiungono esiti tra i più alti della loro lunga collaborazione. Per meglio accostarsi alla grandezza diArmide, ispirato canto del cigno per il compositore come per il poeta – Lully morirà un anno più tardi, Quinault rinuncerà al teatro non appena terminata la stesura della tragedia – è bene ricordare che nellatragédie lyriquesi realizzano valori teatrali in spiccata divergenza dalla coeva opera italiana. Il canto virtuosistico dei castrati italiani e la netta giustapposizione dell’aria al recitativo portano a svilire il valore della parola, laddove il peso schiacciante del teatro tragico di Corneille e Racine imponeva a Lully, quale obbiettivo primario, il declamato del recitativo. Lully si trovò così, paradossalmente, a dar voce a quegli ideali di classico equilibrio tra parola e musica coltivati anche dall’opera italiana al principio del secolo, ma poi presto dimenticati. Il pubblico francese dell’epoca, secondo un atteggiamento pressoché antitetico all’italiano, continuava ad andare all’opera non per la musica, bensì in primo luogo per seguire le parole attraverso le quali un intreccio si sviluppava e infine si scioglieva. Con l’opera italiana latragédie lyriquecondivide solo la ricerca del soprannaturale, da ricavarsi con l’effetto del macchinario scenico, la sontuosità dei costumi e delle decorazioni; mentre vi aggiunge un’altra risorsa sua peculiare, quella della danza. Sulla scia del tradizionaleballet de cour, fastoso genere celebrativo in onore della maestà regale, latragédiene eredita idivertissementscantati e danzati. Di regola, come inArmide,essi fungono da prologo ai cinque atti dellatragédie, e inoltre undivertissementdoveva figurare in ciascun atto. InArmideidivertissementshanno un ruolo non secondario e di notevole varietà, che spazia dal carattere decorativo del primo atto alla drammaticità della scena infernale nel terzo alla maestosa, estesa passacaglia del quinto, pagina di un respiro sinfonico per l’epoca inusitato. Il rilievo del tutto particolare conferito al recitativo dall’ideale estetico di Lully deriva dunque dal bisogno di elevare l’arte musicale all’aulica dignità letteraria della tragedia: di questo processo, autentico atto di nascita della tradizione operistica francese,Armidedivenne a buon diritto uno dei più osannati archetipi. Nei suoi scritti teorici Rameau esaltò il vigore rappresentativo dei suoi recitativi; e la loro qualità si può compendiare nel sapiente muovere in costante e delicato equilibrio tra declamazione e melodia vera e propria. Sono momenti che quasi si confondono con gliairs, ma se ne distinguono per l’assenza di ripetizioni di parole e per la maggiore libertà di costruzione. Inoltre Lully ricorre spesso ai recitativiobligésche comportano, nei frangenti più drammatici e appassionati come le invocazioni e i lamenti, l’accompagnamento orchestrale. InArmideli troviamo per la maggior parte affidati alla protagonista, a sottolineare la tumultuosa varietà dei sentimenti che senza sosta le si agitano in petto: dalla dolcezza amorosa alla furia vendicativa e a quegli slanci patetici che, oltretutto, Quinault ebbe modo di accentuare sapientemente rispetto al suo modello letterario (e l’intero terzo atto, per inciso, si deve al librettista). È il caso dell’evocazione del sogno di Armide (I,1) o del celebre “Enfin, il est en ma puissance†(II,5), o ancora delle sue terribili incertezze all’inzio del terzo atto e del conclusivo “Le perfid Renaud me fuit†(V,5) in cui, come altrove, il conflitto che lacera l’animo della maga emerge in tutta la sua persuasiva veemenza drammatica attraverso esclamazioni concitate e affannate, pause e stacchi di calibrata irregolarità ritmica. E anche a Renaud sono riservate pagine nobili e rimaste famose, quali la sua ‘aria del sonno’ (“Plus j’observe ces lieuxâ€, II,3), momento di placida e idilliaca serenità posto a necessario contrasto prima del furioso monologo recitativo di Armide. A sostegno di un canto di nobile naturalezza, il tessuto dei violini in sordina stende un uniforme panneggio di crome: delicata e arcadica pittura musicale dei mormorii delle acque che cullano, con voluttuosa e costante ondulazione, il sonno del cavaliere.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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