Già all’epoca il libretto di Lamotte venne apprezzato per la sua vivacità , varietà e finezza di scrittura, qualità raggiunte dal drammaturgo nell’ambito di una sostanziale fedeltà alla favola di Ovidio. Ma fu soprattutto la musica di Marais a suscitare l’entusiasmo dei contemporanei. La favola mitologica narra dell’amore contrastato tra il re Ceix e Alcyone. L’acerrima ostilità del mago Phorbas (cui si è alleato Pelée) porta dapprima alla separazione degli innamorati, e quindi alla morte dell’uomo in un naufragio; la ragazza vede allora nel suicidio l’unico possibile esito della sua vita. Benignamente però, al termine dell’opera, il dio Nettuno richiama in vita i due sfortunati amanti.
Sia la scrittura vocale che l’orchestrazione sono di grande pregio; strumenti obbligati (i flauti o l’oboe) accompagnano i cantanti alternandosi con gli archi e il basso continuo, assicurando varietà e interesse a ogniair. Lungo lo snodarsi della vicenda Marais colloca una serie di recitativi accompagnati, duetti, terzetti, cori (con o senza strofe per un solista) e brani strumentali. Questi ultimi divennero particolarmente popolari: presenti da un capo all’altro dell’opera, dalla bella ouverture alla grandiosa ciaccona conclusiva, ai pezzi riservati alla vita marina; si consideri il celebrato interludio a descrizione di una tempesta, in cui uno strumento eccezionale per l’epoca, il contrabbasso, viene chiamato in causa per simulare – insieme al rombo sordo dei timpani e al particolare utilizzo di oboi e violino – l’effetto terribile della furia del mare, con un risultato straordinario a detta dei contemporanei. Il quadro marino veniva completato, in termini meno inquietanti, dai caratteristici balli di marinai. L’opera fu oggetto di diverse riprese parigine fino al 1771.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi