Il personaggio proverbiale di Bertoldo, villano astuto e mordace, comparve per la prima volta in un testo anonimo latino molto diffuso nel tardo Medioevo, il
Dialogus Salomonis et Marcolphi, ma raggiunse la definitiva consacrazione con
Le sottilissime astuzie di Bertoldoe
Le piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldinodi Giulio Cesare Croce (1608), cui seguì nel 1620 il
Cacasennodi Adriano Banchieri. Nel misurarsi con queste tre opere – e alcuni rifacimenti successivi – Goldoni semplificò l’intreccio per rispettare le unità di tempo e di luogo, e mise in scena «tutta la famiglia delli Bertoldi», anche se nel testo originario Bertoldo non era più vivo all’epoca del nipote Cacasenno.
Il re longobardo Alboino trascorre l’estate al palazzo di Bertagnana, nel Veronese, con la regina Ipsicratea, sua moglie, la figlia Lisaura, la sorella Aurelia e il di lei consorte Erminio. Il re ed Erminio invitano a corte la «rustica famiglia» di Bertoldo per godere delle grazie della bella Menghina, moglie di Bertoldino, ma vengono da lei rifiutati, suscitando nel contempo la gelosia delle rispettive mogli. Dopo una serie di beffe e inganni orditi dai personaggi buffi, che mettono alla prova la fedeltà reciproca, il re asseconda i desideri di Ipsicratea e congeda i villici, ben felici di rinunciare al benessere della vita di corte per ritornare nel proprio mondo. Il finale conferma l’esaltazione della vita semplice della campagna, contrapposta al mondo corrotto e falso della città , e celebra i valori roussoiani della felicità e libertà della vita primitiva.
Il testo goldoniano e la musica di Ciampi giocano sulla contrapposizione tra parti serie e buffe: i nobili hanno un linguaggio ricercato, uno stile vocale ricco di colorature e improntato alla tradizione dell’opera seria, mentre il vocabolario dei Bertoldi è basso, quotidiano e la realizzazione musicale semplice, popolaresca. L’opera riscosse un notevole successo e venne allestita in diverse città italiane; trasformata in un intermezzo in due parti dal titoloBertoldo in corte, fu messa in scena all’Opéra di Parigi dalla compagnia di Eustachio Bambini (9 novembre 1753) e, insieme allaServa padronadi Pergolesi e ad altri lavori buffi, diede origine alla celebre ‘querelle des bouffons’. La fama delBertoldofu perpetuata in Francia dalla parodia di FavartLe Caprice amoureux ou Ninette à la cour(1755), e in Germania daLottchen am Hofedi Hiller, su libretto di Christian Felix Weisse (Lipsia 1767). Il numero elevato di rappresentazioni e le diverse fonti a esse relative rendono difficile la ricostruzione della prima versione dell’opera; del resto, nella prefazione lo stesso Goldoni scrive, riguardo alle arie, che «alcune sono figlie legitime, e naturali del libro, altre addottate, altre spurie, ed altre adulterine, per commodo e compiacimento de’ virtuosi». La vicenda complessa delle arie cambiate o sostituite ha fatto dell’opera di Ciampi un caso esemplare di ‘pasticcio’, e testimonia una prassi teatrale molto diffusa, accettata anche da librettisti e compositori. La prima ripresa moderna dell’opera ha avuto luogo nel 1987 a Verona e Salisburgo, a cura dell’Ente Arena (teatro Filarmonico) e del Mozarteum.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi