L’opera godette di immediato, grande successo per tutta l’Italia centrale e settentrionale, e in seguito in tutta Europa: nel 1778 raggiunse Parigi, nel 1780 Praga e tre anni dopo Vienna.
Il dramma tratta di una bizzarra vicenda tutta equivoci e peripezie amatorie. Il marchese Calandrino, afflitto da una curiosità che non gli lascia tregua, chiede all’amico Contino di mettere alla prova la fedeltà dell’amata Clorinda. La ragazza in effetti si innamora di Contino, il quale tuttavia era già legato a Emilia, che a sua volta rientra nelle mire di Aurelio. Alla fine il marchese sarà severamente punito per la sua curiosità : il terzo atto sancirà infatti la triplice unione di Clorinda e Contino, Emilia e Aurelio, Serpina e Prospero.
L’opera suscitò anche l’attenzione di Mozart, che nel 1783 vi inserì tre arie proprie per una rappresentazione viennese. Le prime due (“Vorrei spiegarti, oh Dio”, KV 418 e “No, che non sei capace”, KV 419) furono scritte per Aloysia Lange, mentre la terza (“Per pietà non ricercate”, KV 420), dedicata al tenore Valentin Adamberger, non venne poi eseguita. A quella data Joseph Haydn aveva già messo in scena il dramma di Anfossi a Esterháza (1782), apportando proprie modifiche all’aria di Emilia “Deh, frenate i mesti accenti” (I,8). La popolarità del lavoro, come accadde sovente per questo compositore, (celeberrimo in tutta Europa dal 1773, anno dell’Incognita perseguitata), è affidata al livello sempre elevato dell’invenzione melodica. I sette personaggi (che abbracciano l’intero spettro dei ruoli vocali) vengono presentati con una caratterizzazione bonaria e piacevole, che coglie i difetti, le aspirazioni e i sentimenti di ciascuno. L’attribuzione del libretto a Giovanni Bertati è incerta: in alternativa, è stato proposto recentemente il nome di Giuseppe Petrosellini.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi