Con quest’opera Pizzetti torna a sondare il terreno della tragedia dopo la parentesi aperta con
Il calzare d’argento, la commedia ispirata a una leggenda medievale, l’
Aliscans, esplicitamente richiesta a Riccardo Bacchelli e andata in scena con esito infelice il 23 marzo 1961 alla Scala. Riannoda inoltre un filo rosso che lo lega idealmente alla precedente
Ifigenia: già in quell’opera era emersa la figura di Clitennestra, irradiata allora dalla sacralità del ruolo di madre eterna, di madre di tutte le vittime innocenti. Alla regina di Argo viene rinnegato per mano del fato e per bocca degli altri suoi due figli proprio quel ruolo: «No, non per vendicare tua figlia / assassinasti il padre! / Tu (...) / uccidesti mio padre per serbarti / il tuo lurido amante, e per legarlo / a te facesti lui con te re d’Argo». Queste le parole di Elettra. Un commiato dal teatro –
Clitennestraè la sua ultima opera – che vede dunque la scelta di un personaggio fortemente problematico, per riaffermare i valori e i contenuti che già avevano caratterizzato
Assassinio nella cattedrale: ieratica staticità , taglio quasi oratoriale, profondo rispetto della prosodia letteraria, attenzione per i risvolti morali del dramma. Nella protagonista convivono elementi drammatici e umani, e un mondo espressivo in cui trovano spazio anche asprezze e picchi tensivi del canto, che assecondano la retorica del verso. La stesura di
Clitennestraoccupò il compositore per quasi due anni dal luglio 1962 al marzo 1964, mentre il libretto fu portato a termine rapidamente. L’argomento è desunto dalle prime due tragedie dell’
Orestiadedi Eschilo (
Agamennone,
Le Coefore) e dall’
Elettradi Sofocle. La conclusione della tragedia viene invece completamente ripensata rispetto a quella mitica descritta nelle
Eumenididi Eschilo. Pizzetti stesso chiarisce le ragioni della scelta in una nota al libretto: «Ho voluto che, compiuto il crimine, Oreste ed Elettra si sentissero soltanto esseri umani (...), che in quanto tali dovessero cercare in se stessi, attraverso la intera loro vita tormentosa, una valida ragione alla redenzione, o sentissero di dover considerare giusta una disperata e inesorabile loro condanna». È ancora la ricerca di un mondo in cui ci si possa ritrovare tutti, per contemplare un patrimonio comune di passioni, colpe, vizi e aspirazioni, tristezza e speranza. Una ricerca durata una vita, saldamente unita all’edificazione di uno stile i cui procedimenti tecnici siano in grado di fornire un’adeguata corrispondenza emotiva, veicolata proprio da quell’attitudine declamatoria che da sempre ha contraddistinto Pizzetti, e che ora pervade di sé la visione aulica della grecità , scuotendone la staticità rituale.
Atto primo. Quadro primo. Clitennestra riceve notizia dell’imminente ritorno in patria di Agamennone e dà disposizioni affinché si preparino adeguati festeggiamenti per il marito, reduce vincitore dalla guerra di Troia. In realtà i piani della regina, divenuta l’amante di Egisto, prevedono l’uccisione dell’incomodo consorte.Quadro secondo. All’arrivo del re, annunciato da rulli di tamburi e squilli di trombe, la donna manifesta una calda accoglienza. Lamenta che il figlio Oreste, mandato ospite dall’amico Strofio nella più tranquilla terra di Focide, non possa godere di quel glorioso momento. Invita infine lo sposo a entrare nel palazzo camminando su preziosi tappeti, una «via di porpora» che ricopre la scalinata di accesso, mentre un gruppo di ancelle intreccia una danza intorno al carro di Agamennone. Clitennestra invita a entrare anche Cassandra, presentatale dal re come trofeo di guerra. La fanciulla è perfettamente consapevole del destino che l’aspetta e che rende noto ai presenti, pure si mostra obbediente. I funesti presagi già manifestati dal coro e temuti da Cassandra si avverano: è la stessa Clitennestra a presentarsi sulla soglia della reggia e confessare l’uccisione del marito – colpevole di aver sacrificato la loro figlia Ifigenia – e di Cassandra.
Atto secondo.Quadro primo. Anni dopo, Clitennestra predispone affinché venga recata sulla tomba di Agamennone, con un corteo guidato dalla figlia Elettra, un’offerta votiva. Confessa a Egisto di essere atterrita in seguito a un sogno nel quale viene stretta da un orribile serpente. È un sogno premonitore da cui trapela il presagio del ritorno di Oreste, il figlio di cui non ha avuto più notizie dalla morte del padre.Quadro secondo. Elettra non vuole attendere alle disposizioni della regina, cui non riconosce più proprio il ruolo di madre. Giunge il capo di un’ambasciata incaricata di portare ad Argo la notizia della morte di Oreste, convalidata dalla presenza di un’urna con le sue ceneri. In realtà si tratta dello stesso Oreste che, in incognito, intendere valutare la situazione al fine della vendetta. Dopo un accorato incontro con la sorella, cui si rivela e chiede sostegno nell’adempimento del compito prefissosi, il giovane affronta Clitennestra accusandola apertamente. La madre rimane sconvolta dalla rivelazione e tenta di giustificare il proprio operato, esprimendosi ora con affetto ora con sdegno. Oreste non ha però cedimenti e incalza la donna fin sul luogo in cui è stato ucciso il padre. Lì, «comandato da oracoli tremendi e spaventevoli», porta a compimento la sua vendetta uccidendo anche Egisto, invitato a recarsi proprio in quella stessa sala del palazzo dalla vigile Elettra. Quando infine Oreste si presenta al popolo che lo acclama, riconosce di aver commesso un crimine: abbandonerà la città condannandosi a un esilio perpetuo.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi