Nominato lâanno prima maestro di cappella di Federico Augusto, re di Polonia ed Elettore di Sassonia, con il sontuoso allestimento di
CleofideHasse faceva ufficialmente il suo ingresso a Dresda (dove avrebbe lavorato per un trentennio) accompagnato dalla celebre moglie, il soprano Faustina Bordoni, chiamata a interpretare il ruolo principale dellâopera. Come libretto fu adottato il recente
Alessandro nellâIndiemetastasiano (1729); se la vicenda rimase inalterata, venne però cambiato il titolo del dramma (in funzione dellâeroica regina, ovvero Faustina, cosĂŹ come Händel pochi mesi prima aveva esaltato la centralitĂ di Poro/Senesino) e soprattutto si fece ricorso, per ben metĂ delle arie dellâopera, a testi estranei al libretto originario. Altrove la poesia metastasiana venne rivestita dalle note di arie precedentemente scritte per unâaltra opera, come nel caso di âVil trofeo dâunâalma imbelleâ: la musica, riutilizzata
pour cause, si rivela una perfetta esemplificazione dello stile pre-classico, un gioiello di compattezza nella simmetria dellâintonazione dei versi, nellâunitĂ tematica tra prima e seconda strofa e nella grazia melodica, annunciata giĂ dal primo, memorabile intervallo discendente. Ma lâincisivitĂ e la varietĂ del discorso musicale risultano evidenti sin dalla sinfonia, aperta dalla perentorietĂ ritmica del primo movimento e siglata dal tripartito minuetto cerimoniale, che racchiude una pagina contrastante brillantissima, consumata crepitando in punta di piedi. Analoga frenesia ritmica anima due arie di Poro: âGeneroso risvegliati, o coreâ, in cui il testo sembra guadagnare energia a ogni successiva apparizione, e âDovâè? Si affrettiâ, un concitato âAllegro assai, e con spiritoâ agli antipodi dellâintonazione händeliana dello stesso testo (?
Poro). Notevole, per il respiro grandioso e lâaccurata strumentazione, è la concezione di diverse arie, come âĂ ver che allâamo intornoâ â in cui due nordici flauti concertanti generano, attraverso una serie di effetti dâeco, una superficie timbrica mutevole â oppure âCervo al bosco che piagatoâ, concepita per i virtuosi di liuto e corno della corte di Sassonia. Non si può naturalmente tacere la grande parte della protagonista, impegnata in folgoranti evoluzioni virtuosistiche (come nella struttura recitativo accompagnato-aria che conclude il secondo atto, o nella spirale ritmica inebriante di âSe troppo crede al ciglioâ, perfettamente corrispondente al testo dellâaria) oppure in brani cantabili di bravura, il cui melodizzare ânapoletanoâ suscita quellâatmosfera incantata tipica di molte pagine del compositore. Lâopera è conclusa da un bel coro sapidamente articolato, ripreso due volte con testi diversi.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi