Diversamente che nei libretti tratti dall’amato Goldoni, nella
Dama bobala rappresentazione teatrale e musicale di Wolf-Ferrari corre al puro divertimento, senza quella filigrana etica che sempre lì s’intravvede: e se il risultato propriamente musicale non è inferiore, anzi sempre adeguato, così come felice è la riuscita teatrale, quello poetico complessivo pare come esteriore e meno persuaso, e corre talvolta il rischio della maniera.
Prima metà del Seicento, a Madrid. Ottavio ha da sposare le figlie Nise, dotta, e Finea, boba (sciocca), e più ancora che illetterata, analfabeta. Vorrebbe sposarla Liseo, che poi, scopertane le non-virtù, corteggia Nise, a sua volta amata da Lorenzo. Questi, scoperta la virtù di Finea (la sua dote è infatti di maggior consistenza), lascia perdere Nise. Forza d’amore, la boba Finea si erudisce, facendo innamorare di nuovo Liseo; però poi si finge ancor boba, per tenerlo distante. Ci si sposa, servitori e padroni.
Con l’intrigo tipico della commedia antica e rinascimentale non viene meno il trattamento musicale da scrittura ‘goldoniana’ di Wolf-Ferrari, la sua leggerezza e trasparenza strumentale, quasi cameristica. Se il modello complessivo, qui come altrove, è nel mozartianoCosì fan tutte, traspare l’aspirazione di dar vita a quelle simmetrie sceniche che, dopo il teatro cinquecentesco e dopo Mozart, recano con sé il desiderio di un percorso verso l’ordine e la pulizia formale. Nell’artigianato dell’opera ciò si osserva a ogni passo: e in ciò sta, anche, l’origine del suo indulgere alla maniera.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi