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Ezio
Dramma per musica in tre atti di Pietro Metastasio
Musica di Georg Friedrich Händel 1685-1759
Prima rappresentazione: Londra, King’s Theatre, 15 gennaio 1732

Personaggi
Vocalità
Ezio
Contralto
Fulvia
Soprano
Massimo
Tenore
Onoria
Contralto
Valentiniano III
Contralto
Varo
Basso
Note
ConEzioHändel affronta la sua terza e ultima esperienza metastasiana, avvalendosi come di consueto di una versione rivista del libretto, che propone la soppressione di intere scene, fra cui le tre a chiusura del secondo atto (in modo che il sipario venga a chiudersi sul celebre Senesino, primo interprete di Ezio) e la sostituzione del coro finale con unvaudeville, danzante lieto fine intonato musicalmente in forma di gavotta. Neppure il nuovo, solarehappy endmitiga tuttavia la tragica severità di questo che è uno dei più cupi melodrammi metastasiani, fortemente debitore del teatro francese di Corneille e Racine (MaximieneBritannicus). Al centro si colloca, come avverrà nellaClemenza di Tito, una congiura dall’esito fallimentare contro l’imperatore. Sullo sfondo di questi insidiosi frangenti politici hanno modo di risaltare profili psicologici complessi, in cui trovano spazio il fulgore eccelso della virtù del protagonista (innocente perseguitato, ma anche generale glorioso) e l’inquietudine perenne dell’antagonista Massimo, lontano dall’indulgere al cinismo di unvillainirriducibile. La bellezza tragica dei versi metastasiani si prestò spesso a un loro impiego fuori dal contesto dell’opera: segnaliamo l’intonazione mozartiana del recitativo “Misera, dove son” e dell’aria successiva “Ah, non son io che parlo” KV 369 (Fulvia, III,12), scritti a Monaco nel 1781 per la contessa Josepha Lerchenfeld, amante del principe elettore Karl Theodor (Mozart era già ricorso all’Ezionel 1765, a Londra, con l’aria “Va! Dal furor portata” KV 21/19c). Tra le numerose, importanti intonazioni del libretto, ricordiamo quelle di Porpora (Venezia 1728), Hasse (Napoli 1730; nuova versione: Dresda 1755), Jommelli (Bologna 1741), Traetta (Roma 1757), Sacchini (Napoli 1771).

Atto primo. L’imperatore romano Valentiniano accoglie a Roma il generale Ezio, trionfatore sugli Unni di Attila. Massimo, padre di Fulvia, amata di Ezio, cerca di provocare la rovina del generale, accusandolo di tradimento. Valentiniano vorrebbe poter controllare Ezio dandogli in sposa la sorella Onoria, ma il generale confessa il suo amore per Fulvia, suscitando nei presenti ire e gelosie.

Atto secondo. Fallisce un attentato di Massimo contro Valentiniano; l’imperatore sospetta che sia Ezio il mandante. Fulvia conosce la verità, ma non ha il coraggio di denunciare il padre per scagionare l’amato. Varo consiglia a Fulvia di offrirsi in moglie a Valentiniano, unico modo per salvare la vita a Ezio. La ragazza però dichiara sdegnosamente l’immutato suo amore per il generale: l’imperatore, furibondo, getta quest’ultimo in carcere.

Atto terzo. Mentre Onoria tenta invano di intercedere per Ezio, Valentiniano finge di perdonare il traditore, ma ordina intanto a Varo di ucciderlo. Ad assassinio avvenuto, l’imperatore scopre sconcertato la verità sulla fallita congiura. Quando Massimo attacca con le sue truppe il Campidoglio, le sorti dell’impero e la vita di Valentiniano vengono salvate proprio da Ezio, che era stato risparmiato da Varo. Il perdono e l’amore trionfano infine sugli intrighi di palazzo.

Lo spessore drammatico della tragedia emerge di continuo in una partitura sofisticata e ambigua, concepita per rappresentare sentimenti complessi (soprattutto Fulvia, Massimo ed Ezio sono personaggi dalla psicologia sottile e articolata), che si evolvono nel corso della vicenda sino al culmine della tensione, scioltain extremisdal lieto fine. Händel mette in evidenza il percorso esistenziale di Fulvia, la cui personalità viene trasformata dal contrasto col padre Massimo, come testimonia la distanza che separa la graziosa leziosità dell’aria “Caro padre” (I,3) dal rigore altamente tragico dell’accompagnamento “Misera, dove son” (III,12). Massimo alterna invece il comportamento più spietato a luoghi di ineludibile suggestione sentimentale (celebre fra i suoi interventi è l’aria “Il nocchier che si figura” I,5). Fra le occasioni di rilievo concepite per il Senesino/Ezio segnaliamo la splendida “Ecco alle mie catene”, la siciliana che chiude il secondo atto saldando amore e morte nel fascino malinconico e ambiguo del canto di uno dei massimi virtuosi dell’epoca.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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