L’opera fu celeberrima per un intero trentennio in tutta Europa: con più di settanta allestimenti sino alla fine del Settecento, già nel 1775 veniva rappresentata a Brescia, Firenze, Milano, Reggio, Torino, Verona e Vienna. Grande fu la sua popolarità soprattutto nella capitale asburgica, come testimonia Metastasio; anche Haydn la mise in scena a Esterháza, introducendovi un’aria di suo pugno.
Il nobile cavalier Giocondo si sta recando a Velletri, dove incontrerà Donna Stella, sua promessa sposa. Durante il viaggio si ferma a Marino per vedere la giardiniera di Frascati, Violante, di cui si è innamorato. Incontrato l’amico Don Fabrizio e gli chiede incautamente di fungere da intermediario presso Violante, senza sapere che l’uomo è il tutore della frascatana e aspira, come ogni buon tutore, alla sua mano. Violante ama però, ricambiata, il pecoraio Nardone. Pagnotta, intanto, corteggia la cameriera Lisetta, che a sua volta si innamora di Don Giocondo. Giunge anche Donna Stella a rompere le uova nel paniere a Giocondo. Intanto cresce la gelosia di Don Fabrizio per i troppi spasimanti di Violante: disperato, il tutore decide di nascondere la ragazza in una torre, ma neanche questo stratagemma basta a impedire il felice esito dell’amore tra Violante e Nardone – che si scoprirà pecoraro sì, ma padrone di ben 4.000 capi di bestiame. Il cavalier Giocondo dovrà allora accontentarsi di Donna Stella.
La musica di Paisiello presenta una varietà di registri espressivi, spaziando dalle movenze comiche dell’aria di Pagnotta “Brutta cosa che sarebbe†(già ammiccante, nell’arguta orchestrazione, alBarbiere di Sivigliadello stesso Paisiello) alla serena compostezza delle arie più sentimentali dei personaggi femminili (come quella di Donna Stella “Quel bel nome di sposinoâ€). Ammirevole la complessità dell’aria del cavalier Giocondo “Belle luci vezzosetteâ€, in cui l’estasi lirica della prima sezione si tramuta in una sorta di ‘a parte’ musicale in tempo veloce, ove il personaggio avverte il pubblico che i sentimenti appena espressi sono in realtà una finzione. Tra i pregevoli concertati figurano il duetto “Care donne sventurate†e i finali d’atto, il secondo dei quali, articolato su quattro movimenti contrastanti, si estende per più di quattrocento battute.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi