Il dramma di Zeno, che dal 1718 era poeta cesareo a Vienna, risaliva al 1701. Tra le molte intonazioni ricevute, quella di Bononcini (dedicata al governatore austriaco di Milano, il principe Maximilian Karl) è particolarmente fedele al libretto originale, di cui elimina solo sei brani.
Atto primo. Il re Gualtiero deve dimostrare ai suoi sudditi che la propria sposa Griselda, benché di modeste origini, è degna di affiancarlo sul trono. A questo scopo escogita una serie di prove: scaccia la donna da corte, le annuncia di aver fatto uccidere la figlia da tempo scomparsa e di volersi risposare con un’altra donna. Quest’ultima è in effetti Costanza, la figlia creduta morta, di cui è innamorato Roberto, fratello di Corrado. Griselda subisce intanto le pressanti profferte amorose del nobile Ottone che, per costringerla alle nozze, le rapisce il figlio.
Atto secondo. Rifugiatasi nella nativa campagna, Griselda resta finalmente sola in una capanna e si addormenta sognando la figlia perduta; al suo risveglio si trova di fronte Costanza. Un tentativo di rapire la donna da parte di Ottone è sventato dal re Gualtiero, che è nei paraggi per una battuta di caccia.
Atto terzo. A Griselda è permesso rientrare a palazzo, come ancella della nuova regina; il re le ordina tuttavia di sposare Ottone, ma la donna dichiara di preferire piuttosto la morte. A quel punto Gualtiero rivela l’intero piano e proclama Griselda degna del trono; Costanza, riconosciuta figlia della coppia, può ora sposare senza impedimenti l’amato Roberto.
La partitura di Bononcini è notevole, già dalla sinfonia d’apertura, per i numerosi interventi solistici di diversi strumenti: un inconsueto mandolino (all’epoca di moda alla corte di Vienna, dove il compositore aveva operato), due flauti diritti nella prima aria di Ottone. Di particolare efficacia la scena pastorale all’inizio del secondo atto: dapprima per l’aria di Griselda “Mi rivedi, o selva ombrosa”, una sorta di passacaglia con violino obbligato; quindi per uno dei brani più riusciti e, già all’epoca, più celebri dell’opera, l’arioso “Sonno, se pur sei sonno e non orrore”, quattro versi intonati in forma di fuga. Su questo pezzo così suggestivo la donna può finalmente prendere sonno.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi