Dopo il successo di
Adriana Lecouvreur, Cilea, desiderando una piena affermazione in campo operistico, tentò un progetto più ambizioso, cimentandosi con un soggetto che si riallacciava a quel filone storico delle ‘fiorentinate’, che avrebbe in seguito trovato largo credito presso molti compositori italiani di primo Novecento (si pensi a
Parisinadi Mascagni o alla
Cena delle beffedi Giordano). Il soggetto è incentrato sull’amore tra due giovani, appartenenti a famiglie divise dalla rivalità e dal risentimento: in pratica un’ennesima variazione sul tema del
Romeo e Giuliettashakespeariano. Malgrado l’impiego di una rete motivica quanto mai elaborata e sapiente, di un linguaggio armonico ardito e di un contrappunto elegante ed elaborato (che fa di “Grave signor a teâ€, nella scena della cerimonia nuziale, una delle pagine più riuscite della partitura), l’opera sortì di ispirazione discontinua: forse anche perché l’ambientazione e i sentimenti di cui la vicenda si alimenta erano del tutto estranei alla personalità schiva e introversa di Cilea, più avvezzo a una drammaturgia raccolta e a passioni più interiorizzate che ostentate. Nel 1932, grazie alla collaborazione di Ettore Moschini, il musicista revisionò la partitura, cambiando il nome di Folco in Bardo e tagliando il confronto tra questi e Lionello nel secondo atto.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi