Sarti incontrò il soggetto (ricavato da disparate fonti classiche, fra cui le
Historiaedi Tacito) probabilmente a Firenze nel 1779, allorché vi venne rappresentata
L’Epponinadi Giuseppe Giordani. Fu proprio utilizzando come punto di partenza tale libretto che venne redatto il dramma
Giulio Sabino: nel rispetto dei canoni del dramma metastasiano, ma anche con uno sguardo attento all’incipiente sensibilità romantica, come dimostrano il soggetto e l’ambientazione nelle scene sotterranee, tipici della
pièce à sauvetagedi matrice francese (tra cui si può annoverare anche il
Fidelio).
Giulio Sabino è nascosto da anni nel sotterraneo della fortezza diroccata di Langres, nella Gallia romana, per sfuggire alla cattura da parte degli invasori; qui è confortato dalla moglie, la romana Epponina, che gli ha dato due figli. Della donna si è però innamorato Tito, che intende condurla a Roma; Sabino crede allora che Epponina gli sia infedele. Ma il perfido prefetto romano Annio, anch’egli segretamente invaghito della donna, scopre la vera identità di Sabino e lo fa imprigionare. I due coniugi vengono condotti al patibolo ma, nell’ultima scena, Tito, commosso per l’eroica fedeltà di Epponina, sceglie il perdono, e Sabino gli promette sottomissione.
Il tema della fedeltà coniugale, assai popolare nel periodo rivoluzionario, rese l’opera tra le più celebri della sua epoca: ne venne pubblicata la partitura (fatto eccezionale); nel 1783 venne rappresentata con successo a Esterháza, e due anni più tardi a Vienna; fu pubblicata persino unaSonata caratteristicabasata su temi dell’opera; inoltre, restò in cartellone in molte città europee fino al 1811, talora in traduzione tedesca o con titoli diversi (circolava anche comeEpponina, in due atti). Nella partitura si segnalano per importanza i recitativi accompagnati dall’intera orchestra (ad esempio nella imponente, suggestiva scena sotterranea del secondo atto), mentre divenne celebre l’aria di Sabino “Cari figli, un’altro amplesso”.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi