Zingarelli fu l’ultimo custode della scuola e della tradizione napoletana, sia per i temi trattati sia per lo stile classico, ma mantenendo ancora una certa vitalità . Insegnante al conservatorio di Napoli ebbe importanti allievi tra i quali Bellini, Mercadante e Michele Costa. La sua è una musica semplice e tenue, ricca di pathos, tesa all’ accompagnamento, che evidenzia i momenti espressivi più intensi attraverso una corrispondenza costante tra strumenti e ‘affetti’ (sentimenti). L’orchestrazione si rifà a modelli napoletani degli anni Settanta del Settecento, arricchita però dallo studio che egli fece di Mozart e Haydn. Il talento di Zingarelli si esprime al meglio nei caratteri della tenerezza e dell’emozione, attraverso un’aria solista, una preghiera, un’invocazione. L’evocazione del pathos raggiunge così le vette più alte, e la semplicità di scrittura lascia ampio spazio all’improvvisazione. La storia è tratta dalla novella di Luigi da Porto (1485–1529) – composta intorno al 1524 e pubblicata postuma – intitolata
Historia novellamente ritrovata dei due nobili amanti, con la loro pietosa morte intervenuta già nella Città di Verona nel tempo del Signor Barolomeo della Scala. Il Da Porto riduce la dinamica della novella a un serrato movimento di contrasti, di congiungimenti e separazioni, di spostamenti non coordinati; sorgendo la tragedia proprio da ciò e precipitando il racconto verso il drammatico epilogo in veloci sequenze narrative. Il Foppa si attiene alle linee essenziali della vicenda facendo coincidere la tragedia della lontananza con quella dell’infelicità . Egli rappresenta gli affetti secondo canoni ancora legati a un verseggiamento di stile affatto classico e legato, per molti aspetti, ancora a Metastasio. Ad esempio Romeo canta il suo innamoramento per Giulietta in un’aria di stile grazioso con parole di genere e circostanza: “Che vago sembiante, che luci vezzoseâ€.
In casa di Everardo Capellio è in corso una festa per le nozze della figlia Giulietta con Teobaldo. Giunge Romeo Montecchio, e nel vedere Giulietta se ne innamora, da lei ricambiato. Ella, prendendo tempo, rimanda le nozze. Gilberto, amico delle due fazioni fa incontrare i due giovani affinchè, grazie al loro matrimonio, si plachi l’odio delle due famiglie. Teobaldo sfida a duello Romeo e muore per mano di questi; Romeo è allora bandito da Verona, ma prima di fuggire si sposa con Giulietta. Gilberto offre a Giulietta una pozione che dà le sembianze della morte. Romeo nulla sa dell’intrigo, e si avvelena alla tomba dell’amata; Giulietta si ridesta in tempo per vederlo morire e muore a sua volta di dolore. Quest’ultima parte è simile all’adattamento di David Garrick (1717–1779) dalla tragedia di Skakespeare. Sarebbe infatti impensabile, per le convenzioni che governano il teatro d’opera, che Romeo muoia prima di aver cantato un duetto con Giulietta.
Le arie di Zingarelli lasciano ampio spazio all’improvvisazione estemporanea e agli abbellimenti degli interpreti, ma occorrono altresì molte sfumature per rendere al meglio tutte le pieghe della passione e dell’amore insite nella musica. Scrive Stendhal, a proposito dell’opera, nellaVita di Rossini: «Crescentini nell’aria “Ombra adorata, aspetta†dava alla sua voce e alle sue inflessioni un colorito vago e generico digioia; gli sembrava,nel momento in cui cantava, che quello dovesse essere il sentimento di un amante appassionato che va a raggiungere la persona amata. Velluti, che intende la situazione in modo diverso, vi introduce una sfumatura di malinconia e una triste riflessione sulla sorte comune dei due amanti. Mai un maestro, per quanto abile vi piaccia supporlo, arriverebbe a notare con esattezza quell’infinitamente piccoloche fa la perfezione del canto in quell’aria di Crescentini, un infinitamente piccolo che cambia però secondo le condizioni della voce del cantante ed il grado di illusione che lo anima». La citazione rende molto bene l’idea che in genere si aveva all’epoca della musica di Zingarelli, e spiega altresì le ragioni del suo successo.Giulietta e Romeofu rappresentata spesso, anche se rimaneggiata al punto di diventare unpastiche, fino al 1820, soprattutto in Italia ed in Francia. L’aria fu il cavallo di battaglia di famosi cantanti: oltre a Crescentini – primo interprete – Velluti, Giuditta Pasta e Maria Malibran.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi