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Gita in campagna, La
Opera in un atto e tre quadri di Alberto Moravia
Musica di Mario Peragallo 1910-
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 25 marzo 1954

Personaggi
Vocalità
Alfredo
Basso-Baritono
Leonia
Mezzosoprano
Mario
Tenore
Ornella
Soprano
Note
Dopo un fortunato esordio operistico sulla scia delle tendenze post-veriste e neogotiche del primo Novecento italiano (Ginevra degli Almieri, Roma 1937, su libretto del regista Giovacchino Forzano, sorta di tardivo omaggio aGianni Schicchi), e un’opera seconda di stampo analogo (Lo stendardo di San Giorgio, Genova 1941), il compositore romano mutò radicalmente i suoi orientamenti stilistici. Ne fece le spese proprioLa gita in campagna, la cuipremière– posta al centro di un trittico di opere ‘moderne’, le cui ‘ante’ erano formate dallaFiglia del diavolodi Virgilio Mortari e daAmelia al ballodi Menotti – sfociò in uno scandalo, causato non da ultimo dalla presenza sul palcoscenico di un’automobile. Il libretto, ricavato dallo stesso Moravia dal suo raccontoAndare verso il popolo, è, solo in apparenza, di una semplicità disarmante.

Durante l’ultimo anno di guerra Ornella e Mario, una giovane coppia, decide di fare una gita in automobile nella campagna romana, salvo rimanere a piedi a causa del radiatore surriscaldato. Alla ricerca di un secchio d’acqua, si avvicinano a un desolato casolare abitato da (ex) contadini, andando appunto «verso il popolo». Senonché la sua inquilina Leonia, ridotta in miseria a dal passaggio dei soldati nazisti, candidamente confessa di sbarcare il lunario derubando i passanti. Giusto perché «noialtre donne non sta bene che ci facciam vedere mezze nude», Leonia lascia a Ornella il suo bel vestito; ma ai due malcapitati toglie tutto il resto, sfamando così il suo consistente nucleo famigliare, che richiama infine alla rapina con grida di esultanza.

L’operina, dalla durata di appena una trentina di minuti, si pone all’incrocio di tendenze neorealiste – rilevabili nell’ambientazione, che contrasta fortemente con l’estrazionesnobdei due fidanzatini – grottesche (l’assurdità del rituale cui vengono sottoposti Mario e Ornella) e genericamente satiriche: l’involontario spogliarello è contrappuntato da marcati richiami al jazz, con un assolo di pianoforte sostenuto dalla batteria, mentre il resto della scorrevole partitura si situa dalle parti di una ‘dodecafonia moderata’, a tratti orecchiabile (ritmi di valzer), che non ostacola minimamente l’intelligibilità delle parole; da notare anche l’intervento di una fisarmonica e qualche eco del Nino Rota più disinvolto. Dopo l’éclatdella ‘prima’ scaligera, con scene di Guttuso e la direzione di Nino Sanzogno,La gita in campagnavenne ripresa varie volte negli anni Cinquanta, a Colonia, Oldenburg, Brema e negli Stati Uniti, nonché all’Accademia filarmonica romana (con la regìa di Luigi Squarzina) e alla Rai di Milano, confermando il sostanziale interesse di un lavoro graffiante sì, ma in contrasto con l’‘impegno’ prescritto, forse con troppo rigore, in tante opere ad essa contemporanee.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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