Telemann si presentò ad Amburgo, dove si sarebbe trasferito definitivamente sei mesi più tardi, con questa opera di ampie proporzioni (basata su un datato libretto di Nicolò Minato: il dramma
La pazienza di Socrate, 1680), che prevedeva un gran numero di pezzi musicali: in tutto 38 arie e 17 concertati. L’opera piacque e venne ripresa nel teatro della città tedesca per un intero decennio.
Il saggio, paziente Socrates è costretto dalla legge ateniese (che impone due mogli) a sopportare il continuo contrasto tra le sue due metà : Xanthippe e Amitta. Anche il principe Melito sta per compiere il passo delle doppie nozze: una sposa gli è già stata destinata dal padre, mentre il ragazzo deve scegliere la seconda tra le principesse Edronica e Rodisette, nessuna delle quali gli risulta gradita. Chi invece ama, non corrisposto, entrambe, è il nobile Antippo. Incerto sino all’ultimo, come l’asino di Buridano, Melito prende infine il partito di suicidarsi. Di fronte a questa prospettiva, il padre fa annullare il matrimonio già contratto, permettendo a Melito di sposare entrambe le contendenti; a quel punto Rodisette si rifiuta di accettare le doppie nozze, ma – colpo di scena – il senato ateniese decide di cassare la stravagante legge. Socrates, chiamato a giudicare della questione, stabilisce che Melito sposerà Rodisette, mentre Edronica toccherà ad Antippo; il vecchio filosofo si rassegnerà , con santa pazienza, alle due mogli che aveva dovuto sposare prima dell’abrogazione della folle legge.
Il compositore alterna il registro comico a quello serio nella caratterizzazione dei vari personaggi del dramma; la piccola corte dei discepoli e Aristophanes (in lotta tra loro per tutta la durata dell’opera), così come Socrates e le sue mogli, offrono continue occasioni buffe, mentre la lacrimevole vicenda di Melito si dipana secondo i dettami del coevo teatro serio. La partitura è inoltre impreziosita da una strenua ricerca timbrica, che il compositore trasferisce sulla scena dai propri concerti strumentali: un esempio della sua inventiva di orchestratore è ravvisabile nel coro funebre “Adon ist hin”, la cui intensità espressiva è potenziata dall’impiego, di effetto patetico, dell’oboe e delle trombe con sordina.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi