La prima opera di Corghi rimanda a quella cultura popolare con la quale il compositore aveva già instaurato un’assidua frequentazione e di cui ora celebra la tradizione carnascialesca, l’esaltazione del «basso materiale corporeo» (Bachtin), in quanto comicità corpulenta che trascende nel grottesco. La vicenda, organizzata in quattordici numeri musicali autonomi (preceduti dalla sinfonia ‘dell’esercito di Arlecchino’ e dal prologo ‘delle parole gelate’), presenta alcuni episodi del romanzo di Rabelais, concedendosi spazi di libertà nell’organizzazione della materia; aperta dal macabro ‘esercito di Arlecchino’ – che sfila durante la sinfonia tra bare e dannati con a capo Gargantua, a metà tra inferno e carnevale – l’opera approda, nel finale, alla fondazione dell’abbazia di Thélème, governata dalla regola del ‘fa’ ciò che vuoi’. Per evocare e reinventare i modi della cultura popolare, Corghi combina diversi registri e strumenti espressivi: dalla citazione diretta di canti popolari (
viòire) alle tecniche madrigalistiche delle ‘comedie harmoniche’ di Adriano Banchieri, alla concitata e meccanica comicità rossiniana dell’
Italiana in Algeri.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi