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Jessonda
Opera romantica in tre atti di Eduard Gehe, dal dramma La Veuve de Malabar di Antoine-Marin Lemièrre
Musica di Louis Spohr 1784-1859
Prima rappresentazione: Kassel, Teatro di corte, 28 luglio 1823

Personaggi
Vocalità
Amazili
Soprano
baiadera (2)
Soprano
Dandau
Basso
Jessonda
Soprano
Nadori
Tenore
Pedro Lopez
Tenore
Tristan d’Acunha
Baritono
un ufficiale indiano
Tenore
Note
Il dramma di Lemièrre aveva affascinato Spohr durante un suo soggiorno parigino nel 1821;Jessondaottenne poi un successo strepitoso fin dal suo primo apparire. Subito pubblicato da Peters, il lavoro circolò rapidamente in tutta Europa e si guadagnò una tale popolarità da indurre lo stesso Spohr a ricavarne un autonomopot-pourri. Solo verso la fine del secolo la sua fortuna incominciò a declinare, e questa inversione di tendenza influenzò ben presto, oltre ai repertori teatrali, anche i manuali, in cui il nome di Spohr veniva omesso con frequenza sempre maggiore; un moderatorevivalsi è avviato proprio da Kassel nel 1959, e da alloraJessondaha riacquistato una relativa notorietà, giungendo persino in sala di incisione attraverso l’austriacaOrf. La trama rispecchia il gusto esotico che allora cominciava a interessare l’arte e il teatro.

Atto primo. A Malabar. Jessonda, come impone l’uso indiano, deve morire sul rogo per seguire il marito defunto, ma Amazili, sorella di lei, scongiura il giovane Nadori di salvarla. Combattuto fra il suo dovere di bramino e l’amore che Amazili gli ispira, Nadori promette sostegno.

Atto secondo. Alla testa dei portoghesi è giunto in città Tristan d’Acunha, che riconosce in Jessonda la donna di cui si era segretamente innamorato alcuni anni prima. Avendo promesso agli indiani di non interferire nella loro religione in cambio di una tregua d’armi, Tristan, pur disperato, non può venire in aiuto di Nadori.

Atto terzo. Gli indiani hanno violato i patti con un attacco a tradimento; Tristan irrompe sul luogo del sacrificio e strappa Jessonda alla morte. L’opera termina in modo sobrio ed efficace, con il quartetto gioioso delle due coppie finalmente unite.

La grazia che irrora l’opera ne pregiudica, al tempo stesso, la riuscita drammatica, compensata in alcuni momenti da una cantabilità tenera e struggente, ma nel complesso priva di chiaroscuri. Questa scarsa articolazione emotiva si riflette anche nel profilo metrico degli ariosi, di preferenza in ritmi ternari e scorrevoli. Le nenie funebri intonate dalle baiadere all’inizio dell’opera già prefigurano questa connotazione espressiva: il loro andamento cullante è più prossimo a una ninna-nanna che a una trenodia. Intessute di gruppetti, appoggiature e sincopi, le arie dei solisti e i numerosi duetti sono ancora intimamente prossimi al climalarmoyant. L’esotismo domina l’azione dal punto di vista scenografico, ma resta assente dalla partitura, i cui cromatismi suonano più languidi che orientaleggianti; la strumentazione, sempre calibrata con mozartiana finezza e incentrata su archi, flauti e clarinetti, accentua l’amabilità dell’insieme, non intaccata neppure dall’occasionale ricorso a tremoli e raffiche di scale; non mancano reminiscenze dell’opera italiana, soprattutto nel frequente emergere di libere cadenze vocali, equamente distribuite fra i quattro protagonisti.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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