Matilde di Shabransi inserisce a pieno titolo in un genere operistico, quello semiserio, che nella prima parte dell’Ottocento godeva di grandi favori da parte di autori e pubblico e al quale Gioachino Rossini aveva già dato un capolavoro quale
La gazza ladra. Lo scarso tempo a disposizione per la preparazione della partitura indusse Rossini a utilizzare diversi pezzi tolti da sue opere precedenti, nonché a pregare l’amico Giovanni Pacini di comporre alcuni pezzi; la prima rappresentazione della
Matildefu diretta da Niccolò Paganini. Negli anni successivi Rossini rivide più volte la partitura: in quello stesso 1821, per una rappresentazione napoletana al Teatro del Fondo, compose diversi pezzi nuovi, e lo stesso fece per una ripresa parigina del 1829.
La vicenda è incentrata intorno al personaggio del collerico e misogino tiranno spagnolo Corradino, nel cui castello giungono prima l’errabondo poeta Isidoro, che viene imprigionato insieme a Edoardo, figlio del nemico giurato di Corradino, Raimondo, e quindi Matilde. La giovane, nonostante l’ostentata indifferenza di Corradino, se ne invaghisce e decide di conquistarlo. Così facendo entra però in conflitto con la contessa d’Arco, a sua volta interessata a Corradino. Un vano assalto portato da Raimondo al castello, nel tentativo di liberare il figlio, viene narrato da Isidoro, che frattanto è divenuto poeta ufficiale di corte. Ma nel trambusto Edoardo è riuscito a fuggire e la contessa riesce a far ricadere la responsabilità della fuga su Matilde. L’infuriato Corradino ordina allora a Isidoro di assassinare Matilde, gettandola in mare dall’alto di una rupe; ma il poeta lascia che la fanciulla fugga. Intanto Corradino apprende la verità sulle trame della contessa e sull’innocenza di Matilde, della quale si era suo malgrado innamorato, e decide di uccidersi gettandosi dalla stessa rupe da cui crede sia stata gettata la giovane. Ma proprio mentre sta per gettarsi, sopraggiungono Matilde, Edoardo e Raimondo a salvarlo e l’opera si conclude con il più classico lieto fine: l’unione dei due protagonisti e il perdono generale.
Matilde di Shabranpresenta aspetti di notevole interesse per l’originale commistione di elementi seri e comici, che da un lato prelude alle soluzioni del successivoComte Ory, dall’altro anticipa stilemi che saranno caratteristici del melodramma di Donizetti e Bellini. Il fatto che la partitura non si dipani con costanza allo stesso, altissimo livello dei suoi momenti migliori si può imputare forse a una trama eccessivamente labirintica e a un libretto non di rado verboso, nonché ai ridottissimi tempi di preparazione.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi