Era stato Giuseppe Verdi a suggerire a Umberto Giordano di musicare
Madame Sans-Gêne, la commedia di Sardou e Moreau, ma ciò che spaventava Giordano era il dover far cantare un personaggio come Napoleone. Così il progetto rimase in un cassetto: qualche anno più tardi il compositore ne riparlò con Camille Saint-Saëns il quale, in merito ai dubbi sul Napoleone cantante, gli consigliò di riservare all’imperatore parti declamate, più che vere e proprie romanze e cabalette; del resto lo stesso Sardou metteva in scena un Napoleone sorpreso nella propria intimità familiare, e non sul campo di battaglia. Nel 1910 Giordano assistè a Parigi a una recita della commedia di Sardou interpretata da Gabriella Réjane e, cancellate tutte le perplessità , si decise infine a comporre l’opera sullo stesso soggetto.
Protagonista è la lavandaia e stiratrice alsaziana Caterina Hubscher, detta Madame Sans-Gêne perché è «piccante, petulante, spumeggiante, lesta di mano e di parola». A Parigi nell’agosto 1792, mentre la folla assale le Tuileries, Caterina, fidanzata con il sergente Lefebvre, prima dà rifugio all’ambiguo Fouché (il futuro ministro di Napoleone), poi nasconde l’austriaco Neipperg, inseguito dalla folla e ferito. Diciannove anni dopo il sergente Lefebvre, per meriti di guerra, è diventato maresciallo, e sua moglie Caterina è la duchessa di Danzica. I due vivono al castello di Compiègne; alla corte di Napoleone ci sono anche Fouché, ora ministro, e il conte di Neipperg. Ma le sorelle dell’imperatore e le altre dame poco apprezzano i modi bruschi, da popolana, dell’ex stiratrice. Inutilmente un maestro di ballo e un sarto cercano di insegnarle le buone maniere; anche l’imperatore ha consigliato a Lefebvre di divorziare, ma il maresciallo ama troppo la moglie. Così Napoleone convoca Caterina per rimproverarla, ma l’irruente alsaziana riconosce in lui il giovane còrso che tanti anni prima, malvestito e affamato, non pagava i conti alla stiratrice. L’imperatore e la duchessa ricordano i lontani tempi felici, ma vengono interrotti da un rumore: è il conte di Neipperg, che si è introdotto furtivamente nell’appartamento dell’imperatrice; Napoleone sospetta che sia l’amante della moglie e vorrebbe condannarlo a morte, ma Caterina svela invece che è un fedele alleato. L’imperatore riconosce l’abilità della duchessa, ne perdona le intemperanze da ex popolana, e davanti a tutta la corte le bacia rispettosamente la mano.
Giordano si trovava a suo agio con questo intreccio, come testimoniano i precedenti diAndrea ChéniereFedora. Ma qui ha voluto cimentarsi con undivertissementstorico, dove alterna sapientemente l’eroico al comico, le scene d’amore alle ironiche lezioni di ballo, avvalendosi di frequenti citazioni (dalla ‘Marsigliese’ alla ‘Carmagnola’, a ‘Ça Ira’) per caratterizzare l’ambientazione storica; e non mancano marce e valzer alla corte di Napoleone. Ma, tra minuetti e riproposte di un Settecento ormai perduto, spicca la forte personalità di Caterina; a lei l’autore riserva pagine di grande effetto, come i duetti d’amore con Lefebvre o la scena con Napoleone, affidandole anche un piccolo tema di carattere popolare che ritorna spesso nel corso dell’opera – ricca di scene di conversazione – e che ben si attaglia alla scanzonata personalità della protagonista.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi