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Nerone fatto Cesare
Dramma per musica in tre atti di Matteo Noris
Musica di Giacomo Antonio Perti 1661-1756
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro San Salvatore, 1693

Personaggi
Vocalità
Agrippina
Ate
Gusmano
Nerone
Pallante
Seneca
Tigrane
Zelto
Note
La produzione teatrale di Perti, pur cospicua, si limita a un arco temporale di una trentina d’anni, e conta allestimenti un po’ dovunque, con una predilezione veneziana nel primo periodo e saldi contatti fiorentini nel secondo. Negli ultimi quarantacinque anni di vita Perti non sembra abbia scritto nulla per la scena, e purtroppo della trentina di titoli a noi noti solo di sei o sette è sopravvissuta anche la musica (tutti lavori scritti nei primi anni d’attività). Delle opere composte per il teatro di Pratolino, commissionate da Ferdinando de’ Medici, a sostituire quelle non più di moda di Alessandro Scarlatti, sono rimasti solo i libretti, e spesso neanche quelli. Fra i lavori teatrali del periodo precedente spicca per originalità e impegno compositivo la partitura diNerone fatto Cesaresu testo di Matteo Noris, librettista prediletto da Perti in questi anni. Il soggetto, frequentatissimo a Venezia fin dall’Incoronazionemonteverdiana, non indugia sulle dissolutezze dell’imperatore, ma su quelle della madre Agrippina. I due, madre e figlio, si ritrovano a portar scompiglio nella coppia Ate/Pallante: Agrippina fa follie per aver Pallante quale sposo e pur Nerone, ma con modi più garbati, smania per Ate. Sarà Seneca a riportare l’imperatore a più miti consigli, permettendo ad Ate e Pallante una felice unione. L’opera, sebbene priva di situazioni comiche (ormai sempre meno presenti in quegli anni, e presto limitate solo agli intermezzi), non vuol essere satira politica, magari riproponendo le efferatezze di altri illustri precedenti (non solo Monteverdi, ma anche Carlo Pallavicino –Nerone, Venezia 1679 – o Giovanni Antonio Gianettini –L’ingresso alla gioventù di Claudio Nerone, Modena 1692), e preferisce toni più leggeri, riscontrabili, fra l’altro, anche nella musica. Perti opera chiaramente un tentativo di adeguamento ai canoni dell’opera veneziana, benché mediata da influenze proprie di scuola romana e comunque di un compositore avvezzo al repertorio sacro (Perti fu quasi per tutta la vita Maestro di cappella a San Petronio in Bologna). Spiccano i recitativi scritti con cura, attenti al significato della parola e all’espressività della frase. Le arie sono in genere brevi, ma sempre colda capoe si fanno notare per eleganza e chiarezza melodica. L’orchestra che, come d’uso non va oltre le quattro parti, è scritta con cura e oltre a esser presente nei balli (dove sembra potersi riscontrare un’influenza francese) e nei ritornelli (la sinfonia di apertura dell’opera è invece attribuita a Giuseppe Torelli) in alcuni casi ritorna fra l’una e l’altra frase all’interno della singola aria (per esempio “Destra del sol ch’adoro”, I,2, cantata alternativamente da Pallante e Ate). Presenti anche la scrittura con strumento obbligato (come l’aria quasi guerriera di Nerone “D’Amore le saette”, con tromba concertante) con l’utilizzo del tutto insolito dell’unisono in chiave drammatica. MaNerone, fra le altre cose è da ricordare per l’impiego, portata all’estremo, della tecnica del concerto grosso, in base alla quale un ristretto gruppo strumentale di solisti dialoga col ‘tutti’ dell’orchestra: nel ‘Trionfo d’amore’ che apre il terzo atto viene infatti prescritto l’utilizzo di due distinte orchestre, una in palco di soli legni e violoncelli e l’altra fuori di trombe e archi. Qui Nerone e Ate, nei panni mitologici rispettivamente d’Amore e Psiche (accompagnati da Piacere, Diletto e Lusinga), inscenano un mascherata mitologica di grande effetto scenografico. Delle due partiture sopravvissute quella romana (col titoloNerone infante) pur incompleta, presenta un intermezzo comico d’autore ignoto (con Tisbe e Cupido fra i personaggi) in sostituzione di tale scena allegorca forse troppo complessa.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi

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