Nel maggio 1891, con alle spalle il successo di
Cavalleria rusticanae prima che andasse in scena
L’amico Fritz, Mascagni già pensava a musicare un’opera che avesse come protagonista Nerone. Quando Giuseppe Verdi lo venne a sapere, si premurò di invitare Arrigo Boito a concludere il suo
Neroneper non farsi anticipare da Mascagni. Ma dovevano passare quarantuno anni prima che Mascagni tornasse a pensare a quel progetto, utilizzando alcune pagine già scritte per l’opera
Vistilia,di ambientazione romana, che era rimasta incompiuta.
Il protagonista è un Nerone che passa le sue notti nelle taverne, recita pagine di Sofocle, si ubriaca e si azzuffa. Si innamora della giovane danzatrice Egloge, ma Atte, la liberta che è divenuta la sua compagna, la farà avvelenare. Quando a Roma il popolo acclama Galba, il pavido imperatore fugge con Atte e, dopo che la donna si è uccisa con una pugnalata, anch’egli si uccide facendosi aiutare dal liberto Faonte.
«Tutto ciò che di curioso, di miserevole, di comico, di strambo, di stregato poteva rimbalzare da questo interessantissimo personaggio, è stato per me motivo di suggestione», spiegava il compositore, che in questo modo deluse le aspettative di alcuni esponenti del partito fascista, che confidavano invece in una celebrazione della gloria dell’antica Roma. Mascagni fa un uso eccessivo del declamato, che appesantisce l’opera; ma non mancano pagine melodicamente interessanti, come l’aria di Egloge (un soprano leggero al quale si richiede anche una notevole agilità : ed è una novità tra i personaggi mascagnani) “Danzo notte e dì”, o quella di Nerone “Quando al soave anelito”. Di forte impatto drammatico sono invece il duetto tra le due rivali in amore, Egloge e Atte (secondo atto), e la scena della morte del protagonista. L’ultima opera di Mascagni è strettamente legata ad Aureliano Pertile, che ne fu il primo e straordinario interprete, lui che era stato, undici anni prima, anche il primo Nerone per Boito. Secondo Gianandrea Gavazzeni, «così com’è ilNeronerimane a una confusa fase interlocutoria, infiacchita dalle incoerenze. Disuguaglianze di tono e di mano, inerenti ai diversi periodi, ai diversi scopi di composizione; opera priva di tono vitale e senza fortuna nella sua carriera teatrale».
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi