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Osteria di Marechiaro, L’
Commedia per musica in due atti di Francesco Cerlone
Musica di Giovanni Paisiello 1740-1816
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, carnevale 1769 (?)

Personaggi
Vocalità
Carl’Andrea
Basso
Chiarella
Soprano
Dorina
Soprano
Federico
Soprano
il conte di Zampano
Basso
il marchese Olivieri
Tenore
Lesbina
Soprano
l’abate Scarpinelli
Tenore
Peppariello
Soprano
Spiritello
Soprano
Note
Già molto tempo prima di essere celebrato nella notissima canzone di Salvatore Di Giacomo e Francesco Paolo Tosti, il borgo di Marechiaro, lungo la riviera di Posillipo, faceva parte della mitologia napoletana come soggetto di vedute pittoriche, meta di escursioni in battello, luogo di svaghi signorili. Nel 1768 quel fecondissimo scrittore teatrale che fu Francesco Cerlone, autore di commedie in prosa e libretti d’opera, vi ambientò una delle sue più fortunate commedie per musica, che andò in scena per la prima volta al Teatro dei Fiorentini nell’inverno del 1768, con la musica di Giacomo Insanguine detto Monopoli. Dato che la prima versione ebbe successo, non si capisce perché sia poi stata sostituita da una seconda di Paisiello (rappresentata probabilmente nel carnevale successivo, con alcune varianti nel testo). Fatto sta che l’opera paisielliana andò in scena «sempre con indicibile concorso» (come informa il librettista) e soppiantò il lavoro precedente. La commedia di Cerlone è articolata in soli due atti, mentre il terzo atto richiesto dalle consuetudini teatrali dell’epoca è sostituito da una farsa autonoma con maschere, intitolataLa Claudia vendicata. La cornice scenografica dell’osteria di Marechiaro doveva risultare quanto mai allettante nel suo vedutismo, oggi intuibile attraverso le didascalie: «riviera amenissima volgarmente detta di Marechiaro, con l’osteria di Carl’Andrea» e «con gondole per l’imbarco». Protagonista è un conte dai gusti semplici e poco aristocratici (parla persino in dialetto, cosa rara per un personaggio nobile); ha villa a Marechiaro e corteggia la popolana Chiarella. Assediato da vari personaggi in seguito a un paio di promesse matrimoniali non rispettate, egli riesce a trarsi di impiccio grazie all’aiuto di uno spiritello saltato fuori dalla bottigia (un tema daMille e una notte, forse filtrato attraverso la lettura delDiable boiteuxdi Lesage, se non di più antiche fonti spagnole). Varie tresche incrociate delle ‘parti serie’ servono a movimentare la trama. Le nozze tra il conte e Chiarella sono la degna conclusione di questa favola, che trasfigura in idillio la misera condizione dei pescatori napoletani (denunciata una ventina d’anni dopo da Mario Pagano in suo scritto sul commercio del pesce). L’opera mescola eventi magici (personaggi ridotti a statue o fatti saltare per aria) e quadretti di genere (grida dell’oste e della venditrice di frutta, gioco della morra all’osteria). Nel 1769 Paisiello ha alle spalle solo cinque anni di carriera, ma la sua musica possiede già la versatilita necessaria per aderire alle molteplici situazioni della commedia, tra comicità popolaresca, evocazione delle bellezze naturali e precipitosi concertati d’azione. Alternando accensioni ritmiche e languidi ripiegamenti su tonalità minori, il musicista coglie nell’amore tra il conte e Chiarella (e anche in quello di Pulcinella e Carmosina della farsa conclusiva) tutto il suo potenziale erotico venato di struggimento. L’ambivalenza stilistica di Paisiello trova conferma al momento dei festeggiamenti finali, quando l’allusione alle «sfere armoniche» nel testo si traduce in un Largo a più voci di stupefatta cantabilità, scopertamente rivolto ai modelli della coeva musica di chiesa.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi

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