Commissionata direttamente da Mussolini al musicista per il Maggio musicale fiorentino del 1935, lâopera segna una svolta nella produzione teatrale del compositore parmense: un teatro compromesso con il dramma borghese si sostituisce ora al teatro-mito caratterizzante la prima fase, poi ripreso ne
Lâoro. Con esso fa il proprio ingresso la storia, una presenza giĂ manifestatasi in
Fra Gherardoma ora elevata a dignitĂ di essenza del dramma. Non una storia intesa come contingenza narrativa, come cronaca, ma come dramma politico e sociale. Ă la vicenda di una Venezia impegnata nella guerra di Candia, in piena decadenza, minata dalle lotte interne fra una vecchia aristocrazia â un mondo che muore â e un nuovo patriziato che nasce, forse troppo tardi. Marco Orsèolo e Rinieri Fusinèr sono espressioni di questi due mondi, e attraverso la costruzione del cupo dramma dâinterni che vede intrecciarsi il loro destino rivive la Venezia seicentesca e barocca, risonante di voci indolenti, percorsa da unâumanitĂ varia e stremata.
Atto primo. Venezia, verso la metĂ del XVII secolo. Il senatore Soranzo informa Marco Orsèolo che il suo nemico Rinieri Fusinèr, pure membro del Consiglio dei Dieci, lo accusa di aver rapito la sorella Cecilia. Marco respinge con sdegno le accuse ma, poco dopo, riceve una confessione dal figlio Marino: è stato lui, con alcuni amici, ad aver rapito la fanciulla, poi annegata mentre tentava di fuggire. Adirato, il padre intima al figlio di abbandonare la cittĂ . Quella sera, mentre partecipa a un ballo con la figlia Contarina, Marco viene pubblicamente ingiuriato da Rinieri e nasce un tumulto. Durante la stessa festa i fratelli Fusinèr, allâinsaputa di Rinieri, rapiscono Contarina e la conducono in una capanna di pescatori.
Atto secondo. Quando Rinieri viene a conoscenza del rapimento, si reca alla capanna e ordina ai fratelli di rilasciare la giovane: ne nasce un litigio, cui pone fine lâarrivo di Marco. Contarina, affascinata dal nobile comportamento di Rinieri, supplica il padre di porre fine alle vendette e, quando questâultimo si mostra irremovibile, dichiara di aver seguito volontariamente Rinieri perchĂŠ innamorata di lui. Il padre la ripudia ed ella si chiude in convento.
Atto terzo. Rinieri, in procinto di partire per la guerra contro i Turchi, fa visita a Contarina e le confessa il proprio amore. Malgrado lo ricambi, la giovane dichiara di volersi dedicare a una vita dâespiazione. Poco tempo dopo unâambasceria porta a Marco la spada di Marino, morto combattendo gli infedeli. Quando Rinieri, che fa parte della delegazione, gli vuol porgere alcuni oggetti del figlio, il vecchio rifiuta dichiarando di non poterli accettare dalle mani di un nemico. In quel momento la spada si spezza misteriosamente: segno, secondo unâantica leggenda, di pace. Marco rinuncia allora allâodio, ma è giunto per lui il momento del drammatico distacco dal mondo. Rinieri torna a volgersi fiducioso a Contarina, nel frattempo riammessa in casa; ma la giovane comunica di voler continuare la sua vita di rinunce: la solitudine avvolgerĂ anche il destino di Rinieri.
Figura centrale del dramma è Marco Orsèolo, il padre diviso fra rigido senso del dovere e amore filiale, il vecchio che vive con desolazione e in solitudine lo sfaldarsi del suo mondo, senza alcun gesto di fiducia o di speranza. E quel mondo gli scorre intorno, con i suoi forti contrasti, in un gioco di chiaroscuri: il festeggiamento del carnevale interrotto dal coro dei soldati pronti a partire per lâOriente, la ninna-nanna di una giovane madre cui si sovrappongono le grida dei giocatori di dadi, la fervorosa intonazione espressa dal popolo quando si ricompone in un canto di ringraziamento (un inno su un antico e autentico testo: âO Venezia, regina del mareâ). Tale descrittivismo ambientale, a un tempo anima e cornice del dramma, riceve unâattenzione nuova ed è responsabile della particolare architettura generale dellâopera: scorre infatti quasi indipendente dallâazione principale, racchiuso nella forma di due intermezzi collocati fra il primo e il secondo quadro dei due atti estremi. Due finestre che si aprono sul mondo esterno, che ritraggono frammenti della sua molteplice vita collettiva. Ne risulta unâopera improntata a grande eterogeneitĂ , che fa ricorso a diversi mezzi scenici, vocali e orchestrali (altro fattore nuovo rispetto al passato). Non è improbabile che lâidea di unâopera come questa sia da considerarsi particolare frutto di sintesi dellâepoca nella quale vide la luce: lâelaborazione del libretto aveva occupato il compositore negli anni 1931-32, mentre la composizione, iniziata nel 1933, era stata portata a compimento lâ11 marzo del 1935. La stesura dellâOrsèoloappartiene cioè a uno dei periodi piĂš fecondi dellâattivitĂ compositiva di Pizzetti, contrassegnato da una variegata presenza di generi e soggetti (dallâIntroduzione allâAgamennoneallaRappresentazione di Santa Uliva, alConcertoper violoncello, alQuartetto in re, per non citarne che alcuni). La struttura drammaturgica dellâopera, accanto agli aspetti di novitĂ sopra accennati, tuttavia, esprime anche un rapporto di continuitĂ con la produzione teatrale precedente nel suo mantenersi fedele allâuso del declamato, di una trama leitmotivica, del pezzo chiuso come risultato di una stretta necessitĂ espressiva e di un certo linguaggio armonico. La critica espresse pareri fortementi contraddittori nei confronti dellâopera, rilevandovi per certi aspetti una mancata adesione ai principi fascisti, per altri una loro piena attuazione: a tali pareri, raramente scaturiti da una puntuale lettura della partitura, deve peraltro essere assegnato il circoscritto valore di testimonianza della mentalitĂ dellâepoca. Certo è che conOrsèoloe le successiveLâoro(1938-42, prima rappresentazione 1947) eVanna Lupa(1943-47, rappresentato nel 1949), Pizzetti vive una fase di crisi, denunciata dalla lunga gestazione delle partiture.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi