Con questo nuovo
Orfeodi Aureli e Sartorio, e col suo successo, si afferma un principio: della verosimiglianza al pubblico non importa più nulla. Se nei primi anni dell’opera in musica poeti e musicisti prendevano tutte le precauzioni del caso per rendere accettabili i gorgheggi dei loro eroi (non ultima la scelta di dèi al possibile canori come Orfeo), ora quegli stessi dèi vengono recuperati quasi all’unico scopo di negare qualunque possibile aulicità . Sartorio è compositore di solide basi e ha imparato perfettamente la lezione di Cavalli, sa che il materiale su cui si può innestare una musica al meglio accattivante, diretta, chiara negli affetti (comici o patetici che siano), dev’essere vario, accessibile e poeticamente non troppo ingombrante. Aureli non è il poeta o il letterato che nei momenti di noia si concede al teatro; è librettista a tempo pieno, e lo dichiara orgoglioso, numera i propri libretti e non salta una stagione per proporne di nuovi. Ma dietro la civetteria di aspirare unicamente al compiacimento del pubblico, nasconde una versificazione accurata, precisa, volutamente priva di nobiltà e straordinariamente fantasiosa, al limite del surreale. La vicenda del suo
Orfeo, incastrata in improbabili intrighi da rotocalco, si fa beffa degli altri Orfei e, a nostro agio, può essere così articolata: a) Aristeo, fratello d’Orfeo, è innamorato invano di Euridice; b) Autonoe, da tempo abbandonata da Aristeo, si traveste da zingara per vendicarsi; c) Achille, che con Ercole ed Esculapio è discepolo di un Chirone severo e misogino, si innamora della zingara; d) la vecchia Erinda, amica di Euridice, è vinta dai begli occhi del giovane Orillo che spera al più di spillarle qualche soldo; e) finalmente Orfeo, convinto che Euridice contraccambi i sentimenti di Aristeo, folle di gelosia chiede a Orillo di ucciderla (quando si dice far proprio il mito!) ma, colpo di scena: Euridice muore morsa da un serpente; Aristeo vuole suicidarsi (Bacco lo dissuade); Orfeo scopre che lei lo amava (lamento); scende nell’Ade, commuove Pluto, si volta, perde Euridice (altro lamento); Autonoe, sul punto di uccidere Aristeo, di fronte alle sue preghiere si commuove, lo perdona e tornano insieme; Achille non è proprio entusiasta, ma la madre Tethide lo richiama ai suoi doveri di guerriero. La vicenda, con Orfeo isterico, geloso, aspirante omicida, misogino e alla fine pure disposto a concupire giovinetti, prevedibilmente, non piacque ai puristi, ma il pubblico ne decretò il successo. La musica di Sartorio (riprodotta in facsimile nella
Drammaturgia musicale veneta) asseconda la demitizzazione dell’eroe mantenendo un’impostazione con elementi comici anche nei ripetuti lamenti (il vero personaggio lirico è invece Euridice). La distinzione in arie e recitativi, assai più netta che in Cavalli, concede una declamazione ancora turgida di slanci espressivi, ma il ruolo di vero momento forte dell’opera è spostato sulla gran quantità di arie, spesso strofiche o col
da capoe trattate da Sartorio con perizia e consumata disinvoltura formale.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi