L’opera nacque in occasione del compleanno del duca Karl Eugen, amante e intenditore di teatro musicale, al cui servizio il compositore era attivo ormai da quasi un decennio (1753). Come in occasione di altri spettacoli di corte, l’allestimento venne reso particolarmente sfarzoso dalla rappresentazione congiunta di tre balletti del grande coreografo Jean-Georges Noverre (
I capricci di Galatea,
Rinaldo e Armida,
Admeto e Alceste), tematicamente indipendenti dal soggetto dell’
Olimpiade. L’opera, la cui partitura venne pubblicata senza i recitativi secchi in una miscellanea a Stoccarda già nel 1783, non fu recepita dal circuito internazionale al di là di una ripresa a Lisbona nel 1774 (per il soggetto ?
L’Olimpiadedi Vivaldi). Il testo metastasiano, sostanzialmente rispettato nella versione poetica originaria, venne intonato da Jommelli conferendo un peso inaudito, rispetto alla tradizione dell’opera seria, agli strumenti dell’orchestra. Benché la compagine orchestrale non sia di dimensioni eccezionali, continuo è il suo protagonismo in funzione descrittiva, nella forma degli assolo di oboe e flauto della scena pastorale “O care selve! oh cara”, ovvero nella resa ben più fragorosa delle arie di paragone “Quel destrier, che all’albergo è vicino” o “Son qual per mare ignoto”. La novità dell’intonazione di Jommelli (ormai a quasi trent’anni da quando Metastasio aveva scritto il dramma a Vienna) risulta evidente anche dall’impiego espressivamente intenso dell’armonia, specialmente in un punto cruciale come l’aria di Megacle “Se cerca, se dice”, percorsa, come da inquietudini e da frequenti incursioni in tonalità minori.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi