Ancor prima di vedere rappresentata la sua
Antigonae, Orff intraprese la stesura di
Oedipus der Tyrann,servendosi anche in questo caso della mirabile versione tedesca ultimata da Hölderlin nel 1804. Consapevole di maneggiare non solo un capolavoro letterario, ma anche uno dei testi classici più intensi e più rappresentativi dello spirito tragico greco, Orff approfondì con scrupolo esegetico le tematiche inerenti all’
Oedypus, chiedendo lumi anche ad alcuni insigni filologi di Monaco, in particolare a Wolfgang Schadewalt. Questa circostanza è significativa anche ai fini di una valutazione estetica dell’intervento di Orff, lasciandoci individuare le motivazioni di una scrittura ancor più scarnita di quella riscontrabile in
Antigonae.Orff respinge ogni suggestione freudiana e ridimensiona anche l’aspetto, caro ai romantici, dell’implacabilità persecutoria del fato; l’interesse poetico di Sofocle, infatti, si concentrava piuttosto sull’individuo, scandagliato con un umanesimo intriso di
pietas.Oedypus è l’eroe intellettuale, il magnanimo che ricerca la verità e la ricostruisce con logica infallibile; ma questa logica è inficiata dall’inconsapevolezza della colpa originaria di Laio, che il corso inarrestabile della giustizia deve prima o poi punire e purificare; nello stesso tempo, la tacita convinzione della superiorità quasi divina della propria intelligenza macchia Edipo di un orgoglio eccessivo, di una
hybrische solo il cruento lavacro catartico del finale emenderà pienamente. Questa, riassunta per sommi capi, la linea interpretativa di Orff, sulla scorta di minute analisi del pensiero sofocleo; non meraviglia quindi che il musicista riservi al suo Edipo un declamato proteiforme, sorretto da scarni sostegni orchestrali che lasciano risaltare la purezza quasi spirituale della parola. Solo nei momenti in cui il
daimondella gnosi incalza Edipo verso l’inarrestabile e volontaria coscienza della propria sciagura i ritmi che ne puntellano le sortite si fanno martellanti e vanno a radicarsi nelle sonorità più viscerali dell’orchestra; diversamente la voce del protagonista si modula quasi senza sostegno su diversi stadi di recitazione, compreso quello inusuale del melologo, che beneficia qui di cospicue presenze; paradigmatico di questa ricchezza espressiva è l’arioso iniziale di Edipo, screziato in gradazioni infinitesime. Al contrario, le sortite di Tiresia sono accompagnate sempre da cellule sonore molto alonate e spesso indistinte; alla
clartégnoseologica del pensiero si contrappone infatti nella persona del vate l’onniscienza dogmatica, che vede la verità metafisica ma non sa darne razionale spiegazione, con turbamento e dispetto di Edipo. In confronto ad
Antigonae, Orff privilegia comunque il ricorso al parlato e a una ritmica più secca e scandita; le sezioni melodiche si rarefanno, mentre emergono le risonanze livide di lugubri pedali, che paiono pietrificati dall’orrore che si fa strada nella coscienza dei presenti. Il piano tonale, come irretito da un’invincibile forza di gravità , si rapprende intorno al do maggiore per quasi tutta la durata dell’opera; questo inconsueto ‘magnetismo’ armonico (in cui si può forse scorgere un riflesso della monomaniacale sete di conoscenza che assilla Edipo) è preservato da un’eccessiva uniformità in virtù di frequenti sovrapposizioni bitonali o bimodali, provocatoriamente irrelate fra loro (ciò avviene soprattutto per le battute di Tiresia, precedute da silenzi forieri di sventura, in cui l’aspra dissonanza dell’impasto armonico-timbrico si dilata a inequivocabile presagio). Anche il ruolo del coro resta scarnificato e sostituito in massima parte da interventi dei singoli cantori, quasi a testimoniare l’insorgere di una latente afasia nel gruppo allibito e impotente dei
senes; e a ribadire questa paralisi emotiva interviene sempre il rintocco terreo del pedale armonico. Quando la stesura di
Oedypus der Tyrannera ormai a buon punto, Orff le affiancò la composizione di un
Mysterienspielpasquale, sorta di rivisitazione dei misteri medioevali al quale il compositore avrebbe poi accostato un ‘gemello’ su soggetto natalizio; di siffatta contiguità di impegni fanno fede in
Oedypusle numerose volute gregoriane, la salmodia latente, certi passi ‘a cappella’ e la manifesta parentela di un ricorrente declamato sonnambolico con la
cantillatiomedioevale.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi