La nascita di questo breve lavoro scenico si deve alla discussione illuminista sulla natura della musica e sul rapporto tra musica e parola. In particolare Rousseau, profondamente interessato a questi problemi (tanto da pubblicare una
Lettre sur la musique françaisee un
Dictionnaire de musique), sosteneva l’inadeguatezza estetica dell’opera francese, giungendo a dichiarare la propria lingua madre inadatta al canto. Alla ricerca di un’alternativa al successo patrio di Rameau, il
philosophepervenne a una forma ibrida, dal sapore decisamente sperimentale, che evitasse ogni forma di canto, per limitarsi a giustapporre pagine strumentali e recitazione: durante le prime verrà inscenata una pantomima (cioè una rappresentazione stilizzata dell’azione scenica, secondo le più recenti idee coreografiche di Jean-Georges Noverre), mentre la musica si interromperà all’intervento della parola declamata (non si tratta dunque di un melologo, in cui la recitazione avviene su uno sfondo strumentale). L’ideazione di questa ‘scena lirica’ risale probabilmente al 1762: Rousseau lasciò però largamente incompiuta l’intonazione musicale del testo e, dopo diversi anni, durante un viaggio a Lione (1770) decise di affidarlo all’amico Horace Coignet, commerciante, violinista e compositore dilettante (nel 1794 diverrà direttore musicale della città ). La partitura venne prontamente terminata e se ne organizzò la rappresentazione sul posto. L’opera godette di buon successo alla Comédie Française negli anni Settanta del secolo. Soprattutto notevole fu il seguito che il testo rousseauviano riscosse in tutta Europa: numerose furono le intonazioni di importanti compositori italiani (?
Pimmalione) e tedeschi, naturalmente in traduzione: Goethe ammirò la versione musicale di Anton Schweitzer a Weimar nel 1772, Jiri AntonÃn Benda vi scrisse un melologo (Gotha 1779). Il soggetto ovidiano era stato probabilmente (e polemicamente) ispirato dall’
acte de ballet Pigmaliondi Rameau (1748), cui Rousseau ebbe modo di assistere all’Opéra, spesso in abbinamento al proprio
Devin du village.
Lo scultore Pygmalion, al lavoro nel suo studio, è scontento della propria ispirazione. Decide di occuparsi allora del suo capolavoro, la statua di Galathée; ma, quando fa per colpirla con i suoi strumenti, la pietra si trasforma in carne viva. La statua inizia a muoversi e a parlare; commosso, Pygmalion le giura che vivrà solo per lei.
Oltre alla sezione centrale dell’ouverture, soltanto uno dei ventisei numeri che compongono la partitura (l’intervento dello scultore sulla statua) è dovuto a Rousseau. Sono tutti pezzi molto brevi, spesso di poche battute, destinati a commentare i gesti dei due protagonisti: è rimarchevole che ogni brano termini su una sorta di dissolvenza, ossia sospeso su un accordo dissonante che evita ogni tradizionale conclusione assertiva.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi