Dopo aver servito per circa un ventennio il principe Marco Antonio Borghese, nel 1641 Luigi Rossi venne assunto come «virtuoso da camera» dal cardinale Antonio Barberini, presso il quale prestava servizio anche il celebre castrato e amico del compositore Marc’Antonio Pasqualini che in quest’opera, nota anche con il titolo
Lealtà con valore, interpretò il ruolo di Bradamante. Tuttavia né l’eccezionale
castdi cantanti, né la sontuosità dell’allestimento – alla cui direzione prese parte personalmente anche il cardinale – furono sufficienti a decretare il successo di un’opera che agli ascoltatori apparve subito «longa e lacrimevole». L’ingombrante presenza di Pasqualini («perché non si sentiva mai altri che il S. Marc’Antonio, il popolo non ne poteva più, ben che sia superiore a tutti nell’arte») indusse Rossi a sacrificare le altre parti, che risultarono quindi fredde e prive di «cose affettuose». All’insuccesso della rappresentazione contribuì inoltre il difettoso funzionamento di alcune macchine dello spettacolare apparato scenografico ideato da Andrea Sacchi («Tutto il popolo hà compatito Sua Eminenza, la quale, oltre le altre grosse spese, e triplicate, hà speso in un friso da raccoglier alcune tele cadenti, più di mille scudi et il detto subito nel meglio s’è rotto»).
Nel prologo la Pittura, la Poesia, la Musica e la Magia si interrogano su quale delle quattro arti sia la più valida. La risposta viene affidata alle vicende che narrano il valore di Ruggiero. Il mago Atlante ha edificato un palazzo incantato in cui, tra ampie stanze, lunghi scaloni e deliziosi loggiati, si aggirano le dame e i cavalieri, qui attirati per effetto di uno strano sortilegio, alla ricerca di amici e amori perduti. Giungono Orlando, Ferraù e Sacripante, tutti all’inseguimento di Angelica. Giungono anche Marfisa e l’ardimentosa Bradamante, che spera di incontrare e di liberare l’amato Ruggiero. Questi, con l’intento di incontrare Bradamante, si imbatte invece in Angelica. Mentre i personaggi perseguono nella loro sospirosa ricerca e Bradamante, sentendosi tradita, si infuria contro l’amato, un coro di fantasmi commenta i giochi ingannevoli dell’amore. Bradamante sta meditando di uccidere Ruggiero quando, grazie a un intervento di Atlante che fa pervenire ad Angelica un ritratto di Medoro, la gelosia dell’eroina si placa. L’arrivo inaspettato e inopportuno di Astolfo costringe il mago a modificare i suoi piani. Atlante neutralizza Astolfo facendo in modo che tutti lo considerino come un pericoloso avversario da eliminare. Tuttavia non la presenza di Astolfo, ma il valore di Ruggiero riuscirà a rompere l’incantesimo. Infatti, per ostacolare l’unione fra i due amanti finalmente ricongiunti, Atlante si trasforma in un falso Ruggiero; di fronte alla proposta di battersi in duello con il vero Ruggiero, il mago è però costretto ad arrendersi. Il potere dell’amore ha vinto sulle arti magiche; dame e cavalieri si ritrovano e il palazzo svanisce.
Il valore strettamente musicale dell’opera risiede nel trattamento dei singoli brani solistici o corali (doppi cori a sei, otto e dieci parti e, inoltre, un triplo coro conclusivo a dodici parti). Il particolare impianto drammaturgico della vicenda narrata, che evita i contrasti violenti di opposte passioni, determina quindi una certa uniformità di tono musicale, pervasa da un unico sentimento di soffusa e languida malinconia. Del tutto assente l’antitesi di elementi tragi-comici, che il pubblico romano cominciava ad apprezzare in quegli anni proprio grazie ai testi di Rospigliosi (?Chi soffre sperimusicato da Virgilio Mazzocchi e da Marco Marazzoli, Roma 1637). Particolarmente grandiosi e in linea con la tendenza di gusto perseguita dai Barberini dovettero apparire gli effetti scenografici: Astolfo che entra in scena a cavallo di un ippogrifo; Angelica che scompare in virtù dell’anello magico; Atlante che si trasforma prima in un gigante, poi nel falso Ruggiero, e il palazzo che svanisce al termine dell’opera.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi