Home Page
Consultazione
Ricerca per categorie
Ricerca opere
Ricerca produzioni
Ricerca allestimenti
Compagnia virtuale
Servizio
Informazioni e FAQ
Condizioni del servizio
Manuale on-line
Assistenza
Abbonamento
Registrazione
Listino dei servizi
Area pagamenti
Situazione contabile


Visualizzazione opere

Re pastore, Il
Dramma per musica in tre atti di Pietro Metastasio
Musica di Johann Adolph Hasse 1699-1783
Prima rappresentazione: Hubertusburg, Teatro di corte, 7 ottobre 1755

Personaggi
Vocalità
Agenore
Soprano
Alessandro
Tenore
Aminta
Soprano
Elisa
Soprano
Tamiri
Soprano
Note
Pietro Metastasio scrisse il libretto delRe pastore, su richiesta dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, nel 1751: con le musiche del compositore di corte Giuseppe Bonno, il dramma era destinato all’interpretazione di un piccolo gruppo di nobili ‘dilettanti’, un cavaliere e quattro dame. Il poeta stesso dovette occuparsi delle prove e dell’allestimento, e lo spettacolo fu presentato con successo a Schönbrunn in ottobre. Come di consueto, il libretto passò ben presto dall’ambiente esclusivo della corte viennese al vasto mondo dei teatri d’Europa: nel 1752 fu musicato da Sarti per Pesaro e in seguito fu ripreso da diversi musicisti, per un totale di venticinque intonazioni dal 1751 alla fine del secolo.

L’argomento ha le sue fonti in Curzio Rufo e Diodoro Siculo, e non mancano riferimenti all’Amintadel Tasso. Il re di Macedonia Alessandro ha liberato Sidone dall’usurpatore Stratone e intende restaurare il legittimo erede al trono. Il re e il suo consigliere Agenore sono colpiti dalle nobili maniere del pastore Aminta, che si dichiara felice della sua vita semplice e dell’amore per la ninfa Elisa. Agenore riconosce in una pastorella l’amata Tamiri, figlia di Stratone, che dopo la sconfitta del padre ha trovato rifugio presso Elisa e non osa invocare clemenza presso Alessandro. Poco prima che Aminta chieda ai genitori di Elisa il consenso per le nozze, Agenore gli rivela che non è un semplice pastore ma Abdalonimo, erede al trono di Sidone. Per suggellare la pace, Alessandro vuole unire in matrimonio Aminta e Tamiri: i singoli personaggi reagiscono in modo contrastante a questa decisione, e non mancano i malintesi che li portano a dubitare del reciproco amore. Aminta rinuncia al trono per non abbandonare Elisa, ma Alessandro, venuto a conoscenza dei legami amorosi che già uniscono le coppie, benedice l’unione di Aminta e Elisa, che avranno la corona di Sidone, e di Agenore e Tamiri, che riceveranno un altro regno.

In una lettera a Tommaso Filipponi del 10 giugno 1751, Metastasio offre una motivazione piuttosto divertente al titolo della sua nuova opera: «Il fatto è la restituzione del regno di Sidone al suo legittimo erede. Costui aveva un nome ipocondriaco, che mi avrebbe sporcato il frontespizio. Chi avrebbe potuto soffrire un’opera intitolataL’Abdalonimo? Ho procurato di nominarlo il meno che m’è stato possibile...». In questo libretto il poeta rinuncia alla complessità degli intrighi presenti nei suoi drammi per musica precedenti e si concentra su un’azione chiara e lineare, originata dalla decisione del re Alessandro di suggellare la pace con un matrimonio. Il genere pastorale consente di introdurre il tema del ritorno alla natura, evocando la semplicità e la bontà genuine di epoche favolose. Il poeta non dimentica però il rango elevato dei suoi spettatori e introduce riflessioni sui doveri del buon sovrano: Aminta è il re ideale proprio perché, pur essendo di nobili natali, è convinto della sua vocazione pastorale.

Hasse composeIl re pastorea Dresda, dove ricopriva l’incarico di Kapellmeister dal 1731; presentata il 7 ottobre 1755, «giorno natalizio» di Augusto III, l’opera fu ripresa il 7 gennaio dell’anno successivo per la stagione di carnevale e ancora il 7 ottobre 1762 a Varsavia, sempre per il genetliaco del sovrano. Il compositore si conferma qui un fedele interprete della poesia di Metastasio: come già osservarono i contemporanei, la sua musica sa adeguarsi a quell’esigenza di chiarezza ed equilibrio che caratterizza il testo. Se la linea vocale resta al centro dell’attenzione musicale, in alcuni casi il compositore tratta l’orchestra in modo autonomo: nell’aria di apertura affidata ad Aminta, “Intendo amico rio”, la viola assume il compito di rappresentare il mormorio del ruscello, mentre l’aria di Alessandro (I,3) contiene un’efficace descrizione di tempesta. Per sottolineare gli elementi pastorali, inoltre, undici arie su sedici prevedono l’impiego di strumenti a fiato. Allo schema generale della successione di recitativi semplici e arie fa eccezione un unico quartetto, posto alla fine del secondo atto: questo testo è presente nel libretto di Metastasio e Hasse lo intona come se non differisse da una normale aria, tranne che per l’ampiezza maggiore. Pur restando entro i limiti delle convenzioni dell’opera seria, il musicista riesce a dimostrare una grande ricchezza d’invenzione; il successo dell’opera trova una conferma indiretta nel fatto che Hasse ne riprese alcune arie inNitteti, presentata a Venezia nel 1758.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


Credits - Condizioni del servizio - Privacy - Press Room - Pubblicità