Pedrotti esordì come operista a Verona con
Lina(1840) e
Clara di Mailand(1841); nello stesso anno passò a dirigere il Teatro Italiano di Amsterdam e vi fece rappresentare
Matilde, la figlia dell’arciere. Dal 1846 al 1868 tornò nella sua città , dedicandosi alla direzione nei teatri Filarmonico e Nuovo; qui produsse una decina di opere, che lo fecero conoscere a livello nazionale (tra esse
Fiorina,
Tutti in maschera,
Guerra in quattro). La sua fama derivò però dalla successiva attività torinese, che lo vide fra i promotori della rinascita sinfonica italiana (Concerti popolari, 1872) e apprezzato direttore operistico; tra le prime esecuzioni italiane da lui dirette ricordiamo, oltre a opere di Wagner,
Carmendi Bizet,
Il re di Lahoredi Massenet,
La regina di Sabadi Goldmark,
Il tributo di Zamoradi Gounod,
Eldadi Catalani,
La regina di Napolidi Bottesini. Nel periodo torinese compose altre due opere,
Il favorito(Torino 1870) e
Olema la schiava(Modena 1872), ma
Tutti in mascheraviene considerato il suo miglior lavoro.
A Venezia, durante il carnevale del 1780, si svolgono gli intrighi di una piccola compagnia d’opera. Due primedonne rivali si contendono l’attenzione di Abdalì, ricco mercante di Damasco, venuto a Venezia per ingaggiare una propria compagnia di canto. Egli si innamora di una delle due, ma il dolce pegno che le invia viene disgraziatamente recuperato dal marito dell’altra, che crede sia indirizzato alla propria moglie. Si susseguono i fraintendimenti e i sospetti, che non vengono dissipati neppure quando Abdalì invita l’intera compagnia a seguirlo in Turchia. Arriva la prima notte del carnevale e tutti sono mascherati; i mariti delle due primedonne, pieni di sospetti verso le mogli, si travestono da turchi alla maniera di Abdalì, per cogliere in flagrante le consorti. Seguono gli inevitabili equivoci, ma alla fine tutto è chiarito e l’amore fedele trionfa. Abdalì torna in Turchia con una piccola parte della compagnia, lasciando Vittoria e Dorotea, con le quali aveva amoreggiato, alle gioie della vita coniugale.
La commedia goldoniana, di per sé divertente e arguta, prende di mira le velleità esibizionistiche delle primedonne, critica il teatro ‘d’impresario’ che le fomenta ed esalta quello ‘a carato’ (di proprietà dei musicisti). La realizzazione di Pedrotti – compositore che emerse soprattutto nei generi buffo e semiserio, nei quali recuperò l’originario filone napoletano, attualizzandolo alla luce delle conquiste di Rossini e Donizetti – è abile e briosa, esibisce una raffinata scrittura armonica ed elabora interessanti soluzioni drammaturgiche (ad esempio nei continui mutamenti di andamento agogico che caratterizzano la quinta scena del secondo atto, in cui Dorotea cerca di adescare il suscettibile Abdalì). L’opera ebbe un buon successo e resistette sulle scene nazionali ed estere (Vienna 1865; Parigi 1869, con il titoloLes masques, nella traduzione di Nuitter e Beaumont), configurandosi come esempio estremo della tradizione gloriosa dell’opera buffa napoletana. Minore fortuna ebbero invece le opere serie del compositore veronese, ancora legate ai modi rossiniani e del primo Verdi; egli stesso ne proibì in età matura l’esecuzione, giudicandole «roba da vecchi» e forse avvertendone la scarsa incisività .
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi