L’opera venne allestita in tutta fretta per i festeggiamenti di nozze tra il principe ereditario, figlio di Maria Teresa e in seguito imperatore come Giuseppe II, e Maria Josepha di Baviera. Né il balletto pantomimo dei sogni, previsto nel secondo atto, né quello conclusivo vennero composti, mentre diversi brani sono frutto dell’adattamento di musiche scritte in precedenza; non è neppure certo che l’opera fosse originariamente costituita di due soli atti. Il librettista Coltellini, allievo di Calzabigi, si ispirò a diversi tra i più collaudati e fortunati soggetti melodrammatici barocchi: i miti di Alcina, Armida, Didone e Medea costituiscono gli obbligatori, evidenti riferimenti di Circe, imperiosa amante di Ulisse. Eclissata dai pressoché contemporanei capolavori dell’autore (
Orfeo ed Euridicee
Alceste), l’opera non conobbe alcuna fortuna; la sua prima rappresentazione in tempi moderni ha avuto luogo a Salisburgo nel 1987.
Atto primo. Sull’isola di Circe, la maga offre insieme a Telemaco e Asteria un sacrificio al dio Amore. L’oracolo del dio risponde minacciando Circe, poiché da sette anni tiene un uomo prigioniero della sua dispotica passione. Telemaco, che teme si tratti di suo padre Ulisse, viene avvisato da Merione che il bosco magico è costituito da uomini trasformati in alberi. Ulisse intanto ha ottenuto da Circe l’assicurazione che gli verrà permesso di partire. Telemaco e Merione interrogano gli alberi, ma invano; casualmente si imbattono però in Circe e Ulisse. La maga accorda agli uomini-albero la libertà , e tutto il bosco viene trasformato in un giardino di delizie.
Atto secondo. Merione e Ulisse stringono un’alleanza per fuggire dall’isola. Circe ha deciso di evocare gli spiriti dei sogni, perché convincano Telemaco, nel sonno, che Penelope si è uccisa e che quindi invano si ritornerebbe a Itaca; il ragazzo informa Ulisse della propria visione, ma l’astuto eroe sospetta un trucco di Circe e prepara la fuga. Si scopre intanto che Asteria è la sorella di Merione, già promessa a Telemaco. Circe sopraggiunge per appiccare il fuoco alla nave dei fuggiaschi, ma i prigionieri sono già salpati: furibonda, trasforma l’isola in un deserto e scompare su un drago alato. Amore e Venere discendono dal cielo e donano nuovamente all’isola un aspetto ameno.
Posteriore di soli due anni all’Orfeo ed Euridiceviennese,Telemacofigura tra le opere ‘riformate’ di Gluck, ed è quindi organizzata attraverso quel complesso di arie, ariosi, recitativi, balletti e cori che collega in un’unico arco formale le tradizionali scene frammentarie del dramma coevo (come avviene, ad esempio, nel secondo quadro del secondo atto, ambientato nella grotta di Circe). Il distacco dalle più inveterate consuetudini dell’opera seria dell’epoca si consuma anche nell’abbandono delle arie colda capo, sostituite soprattutto con dei testi strofici. Notevole l’intensità emotiva dei cori, che manifestano una coloritura più religiosa che cerimoniale.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi