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Taverner
Opera in due atti proprio
Musica di Peter Maxwell Davies 1934-
Prima rappresentazione: Londra, Covent Garden, 12 luglio 1972

Personaggi
Vocalità
due monaci
Tenore
il capitano
Basso
il cardinale
Tenore
il confessore
Controtenore
il matto
Baritono
il re
Basso
John Taverner
Tenore
l'arcangelo Gabriele
Tenore
l'arcangelo Michele
Basso
l’abate bianco
Baritono
l’Anticristo
Tenore
Richard Taverner
Baritono
Rose Parrow
Mezzosoprano
un giovane
Soprano
Note
Nella ricca carriera teatrale di Peter Maxwell Davies spiccano soprattutto lavori di teatro da camera, con pochi cantanti e un organico strumentale limitato, spesso affidati a strutture produttive agili e leggere. La sua grande opera èTaverner, il cui progetto fu abbozzato nel 1956, quando egli era ancora studente a Manchester, e portato a compimento nel 1968; parte della musica finì perduta in un incendio che distrusse la casa di campagna del compositore, che terminò di riscriverne alcune parti appena in tempo per la prima rappresentazione. L’opera ha come protagonista John Taverner, uno dei più grandi musicisti della storia inglese, che subì nel 1528 un processo per eresia, dal quale fu salvato per intervento del cardinale di Oxford, Wolsey. In seguito agli sconvolgimenti politico-religiosi verificatisi durante il regno di Enrico VIII, Taverner lasciò l’attività musicale, divenendo un’influente personalità legata a Thomas Cromwell e un implacabile persecutore degli ordini monastici. Nella scena finale dell’opera, quella del rogo, l’autore ha inserito nel testo passi delle autentiche lettere di Taverner a Cromwell.

Atto primo. Il processo a Taverner viene istruito dall’inquisitore, l’abate, che lo accusa di diffondere l’eresia. Di fronte al concilio vengono portati a testimoniare contro di lui il padre, l’amante Rose, un allievo prediletto e un grasso prete ubriacone, suo confessore. Condannato per l’indipendenza delle sue idee, Taverner viene salvato dal rogo per intervento del cardinale, che apprezza le sue doti di musicista. Malgrado lo scampato pericolo, Taverner rafforza in sé la convinzione di essere nel giusto. In un drammatico colloquio, contrappuntato dai grotteschi lazzi del matto, il re espone al cardinale il suo progetto di separarsi dalla sterile consorte per prendere in moglie l’amante, che è in attesa di un figlio, dichiarando di essere deciso a questo passo anche nel caso in cui il pontefice non acconsentisse ad annullare le prime nozze. La testa del matto, che ora raffigura la morte, rimane illuminata nell’oscurità della scena, e accanto alla sua appare quella di Taverner. In una scena articolata e visionaria, in cui i personaggi della vita di Taverner compaiono trasfigurati (Rose come la vergine Maria, Richard Taverner come san Giovanni), l’animo del musicista, simbolicamente conteso da due monaci crociati e incappucciati, è tormentato dai dubbi circa la scelta della vera fede. L’amore di Rose, che esorta Taverner a non incamminarsi nelle tenebre, non riesce a scacciare la visione dell’Anticristo, una scimmia nera nelle vesti sontuose del papa. Dopo una parodia blasfema della crocifissione, annunciata da un’apparizione di Dio padre nelle sembianze del confessore, e recitata dal buffone, Taverner rinuncia all’arte e ai sentimenti del passato per farsi cavaliere della morte.

Atto secondo. In una sorta di grottesco ribaltamento degli avvenimenti del primo atto, ora è Taverner a perseguitare l’abate in nome dell’autorità regale; sentiti gli stessi testimoni che in precedenza erano serviti contro di lui, Taverner condanna al rogo il religioso. Il cardinale, privo di volto, appare nella sala dominata dalla visione di una ruota della fortuna fatta girare dal matto sempre più velocemente, adornata da simboli del male. Nella sala del trono il re riceve il cardinale, che riporta da Roma la minaccia di scomunica del papa; non aspettando altro che l’occasione giusta, il re proclama se stesso come massima autorità religiosa in terra, incassando l’untuosa sottomissione dell’arcivescovo. L’abate attende nella cappella, celebrando la messa con i monaci; Taverner, entrato in scena alle parole «traditurus est», rinfaccia all’abate il fasto e la corruzione del clero, mentre i soldati trascinano via i prigionieri. La processione arriva nella piazza del mercato per raggiungere la pira; in disparte, Taverner scrive una relazione dei fatti al suo superiore. In un estremo confronto, l’abate accetta con coraggio e senza recedere la pena inflittagli da Taverner, che dà l’ordine di appiccare il fuoco. Rose compiange Taverner per aver accettato di farsi strumento di morte; egli, prostrato di fronte al rogo, implora il Signore di perdonare il suo fedele servitore.

Come altri autori inglesi del dopoguerra, Maxwell Davies è stato attratto da suggestioni di misticismo arcaicizzante, che trovano un potente sfogo creativo in questa opera di alta ambizione. Il compositore ha edificato una partitura densa di elementi linguistici, che vanno da un fitto contrappunto ritmico-armonico, in stile polifonico rinascimentale, fino a momenti strumentali aleatori. Questa inventiva musicale rigogliosa e dotta è posta al servizio di un testo dai contenuti a volte farraginosi, ma dotato di caratteri drammaturgici ricchi, di forte impatto visivo e di struttura coerente.Tavernerè un’opera di voci maschili (fatta eccezione per il dolce personaggio di Rose) esplorate in ogni possibile registro, dalle cavernose profondità dell’arcangelo Michele alle stridule grida dei demoni – compreso un controtenore cui è affidata la voce di Dio – a quella del prete ubriacone. Massiccia la presenza del coro, che contribuisce non poco a dare all’opera il tono del grande affresco storico, su cui si stagliano potenti i singoli personaggi, isolati nei loro gesti di figure torve e illividite.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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