Tra i vari
Don Giovanni, Convitati di pietrae
Dissoluti punitiche popolano le scene musicali del secondo Settecento, dai balletti (
Don Juan ou Le festin de pierredi Gluck, Vienna 1761) alle opere (ricordiamo tra gli altri quelle di Vincenzo Righini,
Don Giovanni o il convitato di pietra ossia Il dissoluto, Vienna 1777; Giuseppe Calegari,
Il convitato di pietra, Venezia 1777; Gioacchino Albertini,
Don Giovanni ossia Il dissoluto punito, Varsavia 1783; Giacomo Tritto, ?
Il convitato di pietra, Napoli 1783; Fabrizio Gardi,
Il nuovo convitato di pietra, Venezia 1787; Vincenzo Fabrizi,
Il convitato di pietra, Roma 1787), quella del compositore veronese Giuseppe Gazzaniga si ritaglia un ruolo privilegiato per la sua contiguità temporale (circa otto mesi prima) con il capolavoro mozartiano sul medesimo soggetto. In occasione della ‘prima’ veneziana, l’opera costituiva il secondo atto di uno spettacolo intitolato
Capriccio drammatico, nel quale si inseriva sotto forma di teatro nel teatro. Pur nelle sue ridotte dimensioni, il libretto di Bertati ha il merito di fissare il mito del grande libertino in una forma che sarà più o meno quella raccolta da Da Ponte nel testo per Mozart, nel quale situazioni e dialoghi sono talvolta ricalcati fino alla parafrasi (soprattutto nell’esordio notturno, con il duello tra Don Giovanni e il Commendatore). La partitura rivela mano sicura nell’applicare il codice stilistico dell’opera comica: vena melodica abbondante tanto nelle linee di canto quanto nelle parti strumentali, freschezza popolaresca nelle feste contadine, discorso orchestrale agile e teatralmente funzionale pur con mezzi limitati (si veda ad esempio, nella prima scena, il delicato impasto oboi-corni, nello stile di una serenata strumentale, evocativo del clima notturno). La brevità non consente tuttavia ai personaggi di acquisire particolare spessore: Don Giovanni agisce per lo più nei panni convenzionali dell’amoroso; meglio individuate sono le figure femminili (che qui sono addirittura quattro: tre nobildonne e una popolana). Al momento del duello mortale l’efficacia del trattamento armonico rende bene il precipitare dell’azione verso la tragedia, mentre l’epilogo infernale risulta meno ricco di tensione. Dopo la scomparsa del protagonista i personaggi si abbandonano a una vorticosa tarantella, totalmente avulsa dalla vicenda precedente, e l’operina si chiude così nel segno della farsa carnevalesca.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi